(dell'inviato Fausto Gasparroni)
(ANSA) - BRATISLAVA, 13 SET - La decisa condanna di "ogni
forma di antisemitismo", con l'anatema verso la Shoah, nella
quale "è stato disonorato il nome di Dio". Ed in più il richiamo
all'Europa affinché "si distingua per una solidarietà" che
"possa riportarla al centro della storia". Sono i due 'poli' di
questa seconda giornata di papa Francesco in Slovacchia - dove è
giunto ieri dopo la tappa-lampo a Budapest -, in cui spiccano,
entrambi a Bratislava, l'incontro mattutino con le autorità e la
società civile al Palazzo presidenziale, dove il Papa viene
accolto dalla giovane presidente Zuzana Caputova, e poi nel
pomeriggio quello con la Comunità ebraica, presso il Memoriale
dell'Olocausto in Piazza Rybné nàmestie.
Di grande intensità e suggestione la visita alla Comunità
ebraica, in un luogo dove dopo le persecuzioni naziste anche il
regime comunista ha voluto disperdere le tracce distruggendo la
Sinagoga. Dopo le parole del presidente dell'Unione slovacca
delle comunità ebraiche Richard Duda, vengono ascoltate le
testimonianze di un superstite della Shoah, Tomas Lang, e poi di
una religiose orsolina, Suor Samuela, che rievoca l'azione delle
sue consorelle nella protezione e il salvataggio degli ebrei.
"Il nome di Dio è stato disonorato: nella follia dell'odio,
durante la seconda guerra mondiale, più di centomila ebrei
slovacchi furono uccisi", ricorda quindi il Papa. "Qui il nome
di Dio è stato disonorato - ripete -, perché la blasfemia
peggiore che gli si può arrecare è quella di usarlo per i propri
scopi, anziché per rispettare e amare gli altri".
"Qui, davanti alla storia del popolo ebraico, segnata da
questo affronto tragico e inenarrabile, ci vergogniamo ad
ammetterlo: quante volte il nome ineffabile dell'Altissimo è
stato usato per indicibili atti di disumanità! - aggiunge
Francesco - Quanti oppressori hanno dichiarato: 'Dio è con noi';
ma erano loro a non essere con Dio". "Siamo uniti - ribadisce -
nel condannare ogni violenza, ogni forma di antisemitismo, e
nell'impegnarci perché non venga profanata l'immagine di Dio
nella creatura umana".
"Cari fratelli e sorelle, la vostra storia è la nostra
storia, i vostri dolori sono i nostri dolori", scandisce il
Pontefice, in una dichiarazione di solidarietà che pone fine
anche ai recenti attriti con le autorità ebraiche sulla Torah.
Francesco mette in guardia contro "la dimenticanza del passato,
l'ignoranza che giustifica tutto, la rabbia e l'odio". E invita
a "condividere e comunicare ciò che unisce", a proseguire "nel
percorso fraterno di purificazione della memoria per risanare le
ferite passate", non nascondendo così - anche se non lo cita
espressamente - l'atteggiamento passivo e l'indifferenza di
tanti cristiani durante la Shoah.
Nella mattinata, invece, introdotto dalla presidente Caputova
come "una delle più grandi Autorità morali e spirituali
dell'umanità attuale", nel suo discorso al Palazzo presidenziale
Bergoglio lancia l'auspicio che "mentre su vari fronti
continuano lotte per la supremazia, questo Paese riaffermi il
suo messaggio di integrazione e di pace, e l'Europa si distingua
per una solidarietà che, valicandone i confini, possa riportarla
al centro della storia". "È di fraternità che abbiamo bisogno
per promuovere un'integrazione sempre più necessaria - avverte
-. Essa urge ora, in un momento nel quale, dopo durissimi mesi
di pandemia, si prospetta, insieme a molte difficoltà, una
sospirata ripartenza economica, favorita dai piani di ripresa
dell'Unione Europea".
Molti altri i temi toccati, come la cura dei più deboli, la
promozione della giustizia e del lavoro, la lotta alla
corruzione e la diffusione della legalità, le motivazioni da
dare ai giovani e il 'no' alle colonizzazioni ideologiche. Con
in più un parallelo che, nella visione di Francesco condanna
allo stesso modo l'oppressione dei regimi comunisti e "la
superficialità dei consumi e dei guadagni materiali". In queste
terre, ricorda il Papa alle autorità slovacche, "fino ad alcuni
decenni fa, un pensiero unico precludeva la libertà; oggi un
altro pensiero unico la svuota di senso, riconducendo il
progresso al guadagno e i diritti ai soli bisogni
individualistici".
Ma è la pandemia "la prova del nostro tempo", che "ci ha
insegnato quanto è facile, pur nella stessa situazione,
disgregarsi e pensare solo a sé stessi. Ripartiamo invece dal
riconoscimento che siamo tutti fragili e bisognosi degli altri.
Nessuno può isolarsi, come singoli e come nazioni". Ed è così
che, per il Papa, questa "crisi" va accolta come un "appello a
ripensare i nostri stili di vita". (ANSA).