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Fondi Segreteria di Stato: in 10 a giudizio, anche Becciu

Processo dal 27/7. Coinvolti prelati, addetti vaticani, finanzieri

    Non c'è solo l'acquisto del palazzo di Sloane Avenue 60, a Londra, da cui comunque tutto è partito. C'è anche quello, ma pure molto altro, nel fascicolo d'inchiesta sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato che oggi ha portato al rinvio a giudizio in Vaticano di 10 persone - tra cui prelati, funzionari della Santa Sede, finanzieri e manager - e quattro società, per reati che, a vario titolo, vanno dal peculato alla truffa, dall'abuso d'ufficio all'appropriazione indebita, dalla corruzione all'estorsione e altri. C'è soprattutto il quadro di quello che gli inquirenti vaticani definiscono "un marcio sistema predatorio e lucrativo" a danno della stessa Segreteria di Stato e di suoi fondi caritativi come l'Obolo di San Pietro, con conseguenti gravi perdite per le casse vaticane, e che si sarebbe retto su "complicità e connivenze" tra operatori finanziari e consulenti esterni e addetti e dirigenti interni.

    C'è anche, per la prima volta in Vaticano, il caso di un porporato che andrà alla sbarra al Tribunale di primo grado, con uno specifico benestare concesso da papa Francesco: è il cardinale Angelo Becciu, ex sostituto della Segreteria di Stato ed ex prefetto per le Cause dei Santi, che lo stesso papa Bergoglio, nell'udienza-shock del 24 settembre scorso, privò delle carica e delle prerogative proprio a causa delle risultanze investigative.

    Accusato di peculato e abuso d'ufficio, oltre che di "subornazione" di un testimone (mons. Alberto Perlasca, cui avrebbe cercato di far ritrattare le deposizioni accusatorie chiamando in aiuto il superiore gerarchico diocesano, il vescovo di Como Oscar Cantoni), Becciu risponderà in particolare dei bonifici per 575.000 euro fatti dalla Segreteria di Stato alla manager cagliaritana Cecilia Marogna, che sarebbero poi finiti in spese personali e oggetti di lusso, e i finanziamenti rivolti alla cooperativa del fratello Antonino (600.000 euro dai fondi Cei e 225.000 da quelli della Santa Sede). "Sono vittima di una macchinazione ordita ai miei danni - dichiara Becciu -, e attendevo da tempo di conoscere le eventuali accuse nei miei confronti, per permettermi prontamente di smentirle e dimostrare al mondo la mia assoluta innocenza".

    Oltre a lui e alla Marogna (anch'essa con l'accusa di peculato), il decreto di citazione a giudizio firmato oggi dal presidente del Tribunale Giuseppe Pignatone, su richiesta del promotore di giustizia Gian Piero Milano, dell'aggiunge Alessandro Diddi e dell'applicato Gianluca Perone, chiama a comparire in aula nell'udienza prossimo 27 luglio: lo svizzero René Brülhart, ex presidente dell'Autorità di vigilanza finanziaria (abuso d'ufficio), che parla di "abbaglio processuale"; mons. Mauro Carlino, già segretario di Becciu (estorsione e abuso d'ufficio); Enrico Crasso, l'uomo della finanza che da decenni aveva in gestione gli investimenti della Segreteria di Stato (peculato, corruzione, estorsione, riciclaggio e autoriciclaggio, truffa, abuso d'ufficio, falso materiale in atto pubblico e in scrittura privata); Tommaso Di Ruzza, ex direttore dell'Aif (peculato, abuso d'ufficio, violazione del segreto d'ufficio).

   Quindi Raffaele Mincione, il finanziere che fece sottoscrivere alla Segreteria di Stato importanti quote del fondo che possedeva l'immobile londinese, usando poi - secondo le accuse - il denaro ricevuto per suoi investimenti speculativi (peculato, truffa, abuso d'ufficio, appropriazione indebita e autoriciclaggio); Nicola Squillace, avvocato coinvolto nella trattativa (truffa, appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio); Fabrizio Tirabassi, minutante dell'ufficio amministrativo, cui è attribuito un ruolo da protagonista nella vicenda (corruzione, estorsione, peculato, truffa e abuso d'ufficio); Gianluigi Torzi, il finanziere chiamato ad aiutare la Santa Sede ad uscire dal fondo di Mincione che sarebbe riuscito a farsi liquidare ben 15 milioni per restituire il palazzo ai legittimi proprietari (estorsione, peculato, truffa, appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio).

    Il giudizio riguarderà anche quattro società: tre riconducibili a Enrico Crasso per l'accusa di truffa, e una a Cecilia Marogna per il presunto peculato. Intanto, la Segreteria di Stato ha deciso di costituirsi parte civile nel processo: a rappresentarla sarà l'avvocato Paola Severino, ex ministro della Giustizia.

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