Percorso:ANSA > Nuova Europa > Dossier e Analisi > II Guerra mondiale,80anni fa invasione tedesca della Polonia

II Guerra mondiale,80anni fa invasione tedesca della Polonia

Programmata per il 26 agosto, fu rinviata al 1 settembre

26 agosto, 13:36
(di Marco Patricelli) Il colpo di cannone sparato alle 4.45 del 1 settembre 1939 dalla vecchia corazzata tedesca Schleswig-Holstein contro la fortezza polacca di Westerplatte, nella città libera di Danzica, dava inizio alla guerra tedesco-polacca che di lì a qualche giorno avrebbe fatto esplodere la seconda guerra mondiale. Un conflitto che Adolf Hitler aveva preparato con spregiudicate mosse politiche, ma che secondo i piani militari avrebbe dovuto divampare il 26 agosto, ovvero tre giorni dopo il Patto Ribbentrop-Molotov firmato a Mosca nella notte del 23. Era proprio il trattato nazi-sovietico la chiave di volta per una guerra che il Reich non voleva combattere da subito su due fronti (il vecchio incubo tedesco), tanto da chiedere e ottenere l'alleanza col nemico ideologico per eccellenza: l'Urss di Stalin. Oltre a essere al di fuori di ogni schema ispirato al patto Briand-Kellog, la cui filosofia era di evitare o circoscrivere i conflitti, il testo elaborato dalla Cancelleria e dal Cremlino favoriva invece proprio la guerra d'aggressione, la cui prima vittima diretta era la Polonia, destinata a essere spartita, e poi una fascia dell'Europa nord-orientale suddivisa preliminarmente in sfere d'influenza. L'Urss durante il Processo di Norimberga negherà la genuinità del microfilm della versione tedesca e per decenni ha negato l'esistenza stessa del protocollo segreto con cui Hitler e Stalin si spartivano alcune nazioni indipendenti. La storiografia marxista ortodossa, e segnatamente la propaganda di sinistra, per negare l'alleanza nazi-comunista continua ancora oggi a fornire un'interpretazione distorta dei fatti, sostenendo l'inesistenza del protocollo segreto (una cui copia è però riemersa poche settimane fa dagli archivi russi) e ridisegnando l'aggressione sovietica del 17 settembre come la riconquista dei territori orientali occupati dai polacchi dopo la vittoria sui russi del 1920 e il trattato di Riga del 1921. Di vero c'è solo che Stalin, da allora, aspettava solo il momento propizio per vendicarsi della Polonia, che nel 1939 verrà definita «il bastardo di Versailles», e quel momento gli era stato fornito a costo zero da Hitler che era riuscito a staccarlo da un'alleanza con Francia e Gran Bretagna in funzione antitedesca. Per smentire l'antistorica tesi sovietica è peraltro sufficiente leggere l'intervento di Stalin al Politburo del 19 agosto, che orientò verso la stipula del Patto Ribbentrop-Molotov. Il conflitto programmato dal Führer e dagli strateghi della Wehrmacht col nome di Fall Weiss (Caso Bianco), avrebbe dovuto esplodere il 26 agosto, proprio perché l'Oberkommando der Wehrmacht aveva imposto come data limite il 1 settembre per non avere condizioni meteorologiche sfavorevoli agli spostamenti delle divisioni corazzate che avrebbero dovuto inaugurare la Blitzkrieg sulle pianure polacche. Ma il 25 agosto due eventi imprevisti, ma prevedibili, avevano impedito l'attacco: la firma del patto di mutua assistenza anglo-polacco, ufficializzata il pomeriggio, e lo sganciamento dell'Italia di Mussolini dall'ipotesi di affiancare subito Hitler in base alle previsioni del Patto d'Acciaio, sottoscritto il 22 maggio, che il primo settembre sarebbe stato ufficializzato con la formula della «non belligeranza». E fu solo per una serie di circostanze che l'ordine di annullare il Fall Weiss riuscì ad arrivare a tutte le unità mobilitate lungo i confini tedesco-polacchi, nella notte del 25. Per imporre all'opinione pubblica la versione addomesticata delle responsabilità, in un crescendo di denunce di prevaricazioni e provocazioni polacche, i tedeschi ebbero così pure il tempo di allestire il teatrino di un finto attacco alla stazione radio di Gleiwitz, elaborato da Reinhard Heydrich, da parte di SS con uniformi polacche: una sparatoria, alcuni cadaveri con la divisa dell'esercito polacco (prigionieri dei lager preventivamente giustiziati) e un virulento annuncio antitedesco ai microfoni (che nessuno poteva ascoltare perché Gleiwitz ripeteva solo il segnale di Radio Bratislava: ma a questo non aveva pensato nessuno). Per "reazione" alle 4.45 un colpo di cannone della vecchia corazzata in visita di cortesia alla Città libera seguì la parola d'ordine «la nonna è morta», con l'attacco senza dichiarazione di guerra. La Polonia aggredita informò immediatamente Parigi e Londra per avere dai due alleati l'aiuto militare sperato e promesso da vincolanti trattati. Per elaborare e inoltrare l'ultimatum occorsero invece tre giorni, ma quando Gran Bretagna e Francia mantennero la parola il Reich neppure rispose per via diplomatica alla richiesta, peraltro inaccettabile, di ritirare le truppe vittoriose. I polacchi si sarebbero fatti massacrare fino alla fine di settembre in attesa di un'offensiva da ovest che non sarebbe mai arrivata. Ma da est sarebbero invece arrivate a valanga le divisioni di Stalin. Il 17 settembre, dopo diverse sollecitazioni da parte tedesca a prendersi la parte promessa di bottino, il dittatore georgiano ritenne maturo il frutto polacco e a sua volta invase con l'Armata Rossa lo sventurato Paese dell'aquila bianca. Era solo il primo atto della tragedia europea che si sarebbe esaurita solo sei anni dopo, con 60 milioni di morti e atrocità di cui l'umanità non aveva memoria, e con la fine della leadership mondiale del vecchio continente.

© Copyright ANSA - Tutti i diritti riservati