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'Nuovi' coralli minacciati negli abissi del Mediterraneo

Ismar, pesca a strascico e ordigni compromettono habitat

11 novembre, 15:23
'Nuovi' coralli minacciati negli abissi del Mediterraneo 'Nuovi' coralli minacciati negli abissi del Mediterraneo

 (ANSA) - BARD (AOSTA), 9 NOV - Vivono senza luce negli abissi del Mediterraneo, dove sono minacciati dalla pesca a strascico e, nell'Adriatico del sud, da 10.000 residuati bellici. Sono a rischio i coralli, importanti per l'ecosistema quanto quelli della ben più nota scogliera australiana, che i ricercatori stanno scoprendo tra i 200 e gli 800 metri di profondità. Il problema è stato affrontato nel corso della quarta edizione di MeteoLab, il corso di meteorologia e climatologia delle Alpi che si è svolto oggi al Forte di Bard (Aosta). "Stiamo impattando qualcosa che non è ancora del tutto conosciuto", spiega Fabio Trincardi, direttore della sede Ismar-Cnr di Venezia e relatore al corso. "Ci possono essere associazioni che tengono al mare e agli oceani e che possono documentare che, per esempio, nel Pacifico c'è un'isola di plastica grande quattro volte la penisola iberica. Ma quanto di analogo stiamo facendo negli abissi - spiega Trincardi - non lo conosciamo altrettanto bene, è da poco che ci sono strumenti che ci permettono di studiare le profondità dei mari". A farne le spese sono proprio quei coralli, di recente scoperta, che vivono "nelle acque profonde della Norvegia, alle alte latitudini, ma anche nel Mediterraneo: con i loro gusci e con i loro scheletri pare siano in grado di catturare una quantità di anidride carbonica tale da renderli importanti come quelli della scogliera corallina australiana". Ma, sottolinea l'esperto, dato che "non li conosciamo e che non sono stati mappati, la pesca a strascico li distrugge. E quando si cercano zone di dumping, ovvero per buttare via materiali in modo alternativo alla discarica o al trattamento, si sceglie il mare". Un esempio si troverebbe tra le coste della Puglia e quelle della Croazia. Un habitat ideale per i coralli bianchi, ma dove una ricerca co-finanziata dalla Commissione europea ha rintracciato diversi tipi di residuati bellici. "Ordigni - spiega il direttore dell'Ismar-Cnr di Venezia - che risalgono ai conflitti mondiali e alla guerra in Kosovo. Sono all'incirca 10.000, gettati con l'idea che a 1.000 metri di profondità non accada nulla, non ci siano correnti. Invece quella è una tra le zone biologicamente più importanti e più dinamiche di tutto il Mediterraneo". Insomma, "un tipico caso di impatto non consapevole". (ANSA).

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