(ANSA) - ANCONA, 15 GIU - Quella di Fabio Ridolfi, il 46enne
di Fermignano morto il 13 giugno, che ha scelto la sospensione
dei trattamenti di sostegno vitale, previa sedazione palliativa
profonda "è una situazione umana molto dura e dolorosa. Fabio è
stato chiamato ad una prova di vita estremamente difficile". Lo
rileva l'arcivescovo di Urbino, Urbania, Sant'Angelo in Vado
Giovanni Tani, in un'intervista a Avvenire. "La Chiesa crede che
la vita sia un dono di Dio e che nessuno di noi possa prendersi
il diritto di togliersi questo dono - osserva -. Però di fronte
alle situazioni concrete ci deve anche essere uno spazio di
riflessione, di mistero e di rispetto. Per cui occorre fare un
passo indietro e da parte mia, pur ribadendo una precisa visione
della vita, ritengo che sia necessaria la preghiera da fare con
insistenza, anche perché il Signore, proprio in questi momenti è
presente: non è assente, non si ritira ma rimane accanto a chi
soffre". Mons. Tani ha telefonato alla madre di Fabio: "una
telefonata di vicinanza. Ho sentito una donna molto provata per
tutti questi anni di sofferenza. Mi ha detto che suo figlio non
è mai stato lasciato solo un momento, anche se la vicinanza è
stata soltanto nell'ambito familiare perché Fabio non ha voluto
accogliere altre persone e anche questo è un segnale di una
difficoltà e di una sofferenza. Le ho detto che avrei pregato
per questa situazione e avrei affidato Fabio al Signore affinché
fosse lui a tenerlo per mano". La comunità cristiana e la
parrocchia, per altro, sono vicine, "da tempo" alla famiglia. E
per il fine vita "sono convinto che sarebbe necessaria una legge
giusta che richiede una attenta riflessione sui risvolti etici
di una materia così delicata" conclude. (ANSA).