E' stato disposto il processo con rito immediato nei confronti di Fares Bouzidi, il 22enne tunisino alla guida dello scooter che nella notte tra il 23 e il 24 novembre scorso si è schiantato a Milano al termine di un inseguimento con i carabinieri.
Nell'incidente è morto Ramy Elgaml, 19 anni, che era in sella alla moto assieme all'amico. A decidere di accogliere la richiesta avanzata nei giorni scorsi dalla Procura è stata oggi la gip Marta Pollicino, la stessa che aveva firmato il provvedimento dei domiciliari - revocati e sostituiti con una misura più lieve - per il giovane. L'accusa è resistenza a pubblico ufficiale. Il processo è stato fissato davanti alla decima sezione del Tribunale il 18 aprile, anche se si prevede che la difesa, che ha tempo 15 giorni, chiederà il rito abbreviato.
Secondo la ricostruzione dei pm Giancarla Serafini e Marco Cirigliano, che coordinano le indagini assieme all'aggiunto Tiziana Siciliano e al procuratore Marcello Viola, la notte del drammatico incidente Fares era alla guida del T Max "senza aver conseguito la patente" e "dopo aver assunto sostanze stupefacenti". Invece di fermarsi all'alt dei carabinieri, avrebbe "improvvisamente" accelerato dando il via a un inseguimento "a velocità elevatissima per circa otto chilometri" e mettendo in atto "manovre pericolose". I militari, secondo l'imputazione, avevano proceduto al controllo del ragazzo, "agendo nell'esercizio del loro ufficio", per via "dell'atteggiamento sospetto del conducente" dello scooter il quale, alla vista della pattuglia Volpe 40, "si era nascosto dietro un'auto in sosta in modo da facilitarsi la fuga".
Per tutto l'inseguimento, il T Max avrebbe mantenuto "una velocità di gran lunga superiore rispetto ai limiti consentiti" attraversando da una parte all'altra la città e percorrendo vie contromano o sorpassando a destra. Poi una volta arrivato all'incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta il terribile schianto: Ramy è morto e Fares è rimasto gravemente ferito. Per l'incidente al centro dell'indagine principale, il 22enne originario della Tunisia è indagato invece per concorso in omicidio stradale con il carabiniere che quella sera era al volante della 'gazzella".
Per far luce sulla dinamica, accanto agli esiti dell'autopsia che sono attesi tra circa un mese, molto importante sarà il risultato di una consulenza cinematica che avrebbe dovuto essere depositata ai pubblici ministeri in questi giorni, ma che invece verrà depositata a fine febbraio: dovrà stabilire se, nella fase finale dell'inseguimento, la macchina dei carabinieri che tallonava i due abbia o meno urtato lo scooter e il punto dell'eventuale impatto. Ma la vicenda, che ha infiammato i giovani del Corvetto e ha innescato proteste per la morte di Ramy, ha anche un altro capitolo di inchiesta: altri due uomini dell'Arma rispondono di depistaggio, frode processuale e favoreggiamento in quanto, è l'ipotesi, avrebbero intimato a un testimone che ha filmato la scena finale dell'incidente con il telefono di rimuovere il video. Sull'episodio il tecnico informatico Marco Tinti, nominato dalla Procura, ha rilevato tracce di una cancellazione di un filmato.
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