L'anedrotto, così come veniva
chiamato quattrocento anni fa, un'anatra ripiena la cui
lavorazione è stata ripresa da "Il Cocho bergamasco alla
Casalenga", manoscritto dall'autore sconosciuto databile tra la
fine del XVII e l'inizio del XVIII secolo. È il piatto
riscoperto da una taverna di Bergamo che ridà vita ad antiche
ricette dimenticate.
Alimenti, spezie, lavorazioni e sapori scomparsi da tempo
immemore tornano in tavola per far rivivere antiche abitudini
gastronomiche che il tempo ha cancellato o trasformato. L'anatra
viene rosolata in poco lardo con rosmarino, chiodi di garofano e
un pizzico di pepe, mentre il ripieno è composto dalle sue
frattaglie fatte soffriggere in olio con cipolle, carote,
sedano, aglio e prezzemolo, pane ammollato nel latte e uovo, con
un'aggiunta decisamente più moderna di grana per aggiustarne la
sapidità. L'anatra viene poi infornata con brodo e vino bianco e
servita accompagnata da sette contorni, a richiamare l'opulenza
ostentata nei banchetti nobiliari dell'epoca che spesso vedevano
proprio l'anedra protagonista: verze, cardi ed erbette saltate
come da ricetta originaria, purè di patate, carote e cavolfiori
arrostiti, polenta bergamasca e polenta taragna.
"Accanto alle ricette 'della nonna' leggermente modernizzate,
abbiamo voluto dare vita a questo percorso di ricerca e
divulgazione gastronomica - spiega Elisa Taiocchi, titolare del
neonato locale Taiocchino insieme al marito Ovidiu Barbieriu -
perché crediamo profondamente che il bagaglio culturale di un
popolo e del suo territorio passi anche dalla storia di cosa nei
secoli si è succeduto sulle tavole di case, locande, taverne e
corti. Con questo progetto intendiamo restituire ai bergamaschi,
attraverso il loro palato, una visione più ampia delle loro
tradizioni, incluse quelle scomparse".
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