GENOVA - Per ritrovare il gusto del pranzo di Natale di un tempo nelle case liguri, il menù è quasi obbligato. Il giorno della vigilia di Natale le donne iniziavano a preparare i “natalini”, lunghi maccheroni lisci tagliati a penna, o i ravioli da servire al tocco, il sugo di carne. Sono i piatti che non potevano mancare sulla tavola delle feste, insieme all’intramontabile e tipico pandolce. I natalini di solito erano serviti in brodo di cappone e accompagnati da trippa e rondelle di salsiccia che, a forma di moneta, rappresentavano l’augurio di prosperità. Poi si mangiavano il cappone e il berodo, cioè il sanguinaccio, con radici di Chiavari lesse. A chiudere, pere martine sciroppate e il pandolce, che resta il “re” della tavola natalizia, trasversale a tutti i menu, di mare e monti. Tutto condito da riti: ad esempio sulla tavola non poteva mancare lo scopino di erica, benedetto alla messa di mezzanotte. E un’altra curiosità riguarda il pandolce: decorato con un ramoscello d’alloro, era tagliato a fettine dal più giovane componente della famiglia e poi servito ai commensali dal più anziano, tenendo da parte una fetta per i poveri. Per un brindisi che sa di mare, una tipicità è lo spumante Abissi di Bisson, unico al mondo che dopo l’imbottigliamento viene adagiato appunto sul fondo del mare, al largo di Sestri Levante e della Baia delle favole a invecchiare. Fra gli ultimi nati c’è anche il primo spumante metodo classico millesimato, Vis Amoris, fatto con sole uve di Pigato in un piccolo vitigno di Imperia. E un posto d’onore fra le produzioni liguri spetta allo Sciacchetrà delle Cinque terre, passito da accompagnare ai dolci di fine pasto.
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