La Comunità marinara delle
Cinque Terre chiede una progettazione delle scogliere di
protezione a difesa degli abitati "frequentemente danneggiate o
devastate dalle nuove mareggiate" che tenga conto dei mutamenti
climatici in corso. L'associazione, nata per preservare la
tradizione marinara dei borghi della riviera spezzina, chiede al
Parco nazionale delle Cinque Terre di farsi capofila
dell'iniziativa. "La tecnica del ripescaggio dei massi spostati
da mare è evidentemente soluzione non definitiva, si rimettono
sul corpo esterno della diga gli stessi elementi che il mare ha
spostato certificandone con questo l'inadeguatezza - dice il
presidente Roberto Benvenuto -. Si riposizionano spesso massi
frantumati dal mare e dalle operazioni di salpamento, in numero
sempre minore di quelli spostati dal mare perché all'interno non
vengono mai ripescati tutti e inevitabilmente non si riesce a
costituire una solida geometria della diga".
Secondo l'associazione questa tecnica "non risolve il problema
ma produce necessità di costose ripetitive manutenzioni". Si
auspicano quindi "progetti che tengano conto di nuovi parametri
tecnici di riferimento, quelli che i mutamenti climatici con le
nuove e più frequenti mareggiate ci impongono. Se le cave di
estrazione dei massi del peso necessario più vicine sono in
Sardegna, appare inevitabile valutare l'impiego dei tetrapodi in
calcestruzzo, magari sotto il livello
dell'acqua per scansare le ire delle Sovrintendenze".
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