Domani si discuterà davanti ai
giudici del Riesame la richiesta di revoca degli arresti
domiciliari chiesta da Giovanni Toti. Se i giudici non dovessero
accogliere la richiesta, il presidente chiede, in subordine, il
divieto di dimora a Genova o l'obbligo di dimora ad Ameglia. Le
due ipotesi alternative sono contenute nell'istanza di appello
presentata al Riesame dal suo avvocato Stefano Savi contro il
rigetto, da parte del giudice Paola Faggioni, della richiesta di
revoca dei domiciliari a cui il governatore è sottoposto dal 7
maggio.
L'appello si discuterà a due mesi esatti dal deflagrare
dell'inchiesta per corruzione. L'istanza è stata presentata il
20 giugno. Nel suo ricorso Toti ha ribadito di non avere
"commesso reati" e di avere "agito sempre nell'interesse della
Regione" aggiungendo però che, per il futuro, "non chiederà più
finanziamenti ai privati nelle modalità" usate prima
dell'inchiesta.
Toti, nel suo ricorso, chiarisce non solo che il rischio di
reiterazione dei reati non c'è perché al momento, dopo le
elezioni europee in cui il suo partito non si è presentato, non
sono previste consultazioni a breve termine, ma anche che non ci
sarebbe un rischio di inquinamento delle prove. Di parere
opposto era stata la giudice Faggioni, secondo la quale il
rischio di inquinamento probatorio permane "in modo attuale e
concreto" visto che le indagini sono ancora in corso e che "Toti
ha tenuto un atteggiamento elusivo". Lunedì scorso il Riesame
aveva rigettato la richiesta di scarcerazione peer Paolo Emilio
Signorini (unico in carcere) perché le soluzioni individuate per
i domiciliari - un'abitazione a Genova messa a disposizione da
una parente oppure ad Aosta dal fratello - non sono apparse ai
giudici sufficientemente tranquillizzanti circa il rischio di
inquinamento probatorio.
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