Fare "nuove prove di carico", con
anche una nuova perizia se necessario, per quantificare la
resistenza di "qualsivoglia elemento strutturale, sia crollato
che non crollato" e degli "elementi strutturali del ponte". E'
quanto sostenuto dai consulenti di Spea Paolo Riva, Giovanni
Ferro e Roberto Roberti che oggi hanno iniziato a illustrare le
conclusioni della loro consulenza per il crollo del ponte
Morandi (14 agosto 2018, 43 vittime).
Queste prove documenterebbero, secondo gli esperti,
"l'elevato livello di sicurezza ancora esistente negli elementi
strutturali non crollati". Secondo i consulenti, nel corso
dell'incidente probatorio "sono state acquisite evidenze
incontrovertibili che non solo il crollo è stato innescato da
una situazione localizzata, del tutto difforme rispetto alle
altre parti della struttura (crollate e non crollate) ed ad esse
non correlata né correlabile, ma anche che tutte le altre parti
delle struttura del viadotto, per quanto affette da un degrado
superficiale, non presentavano apprezzabili riduzioni di
resistenza". E quindi "esse non solo soddisfacevano le verifiche
di norma, ma presentavano ampi margini di sicurezza, così da
permettere di escludere che, per tali parti, potesse sussistere
alcun rischio di crollo".
Il Polcevera, per gli esperti di Spea "è crollato per la
rottura dei trefoli dei cavi primari in sommità del tirante lato
Sud lato Genova di Pila 9, conseguenza di un elevatissimo
livello di corrosione, con la perdita del 45% della sezione". Un
livello di corrosione "anomalo" provocato da errori di
costruzione "occultati" anche da chi si occupò di eseguire e
seguire quei lavori.
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