Avevano messo in piedi un
sistema di scommesse sportive clandestine attraverso canali
whatsapp e una parte dei soldi veniva reimpiegata in un giro di
usura. Gli investigatori della squadra mobile di Genova e della
sezione investigativa del Servizio centrale operativo,
coordinati dal sostituto procuratore della Ddaa Federico
Manotti, li hanno scoperti eseguendo nove misure cautelari (tre
in carcere, tre ai domiciliari e tre obblighi di dimora) tra il
capoluogo ligure e la provincia di Alessandria.
Uno degli arrestati, Roberto Sechi, era stato condannato nel
2006 con sentenza definitiva a cinque anni e quattro mesi,
perché riconosciuto partecipe di un sodalizio di stampo mafioso
presente sul territorio genovese e capeggiato dalla famiglia
Fiandaca, di origine nissena.
I reati contestati ai nove, commessi dal 2019 fino ad aprile
2022, sono: usura aggravata, esercizio abusivo delle scommesse,
associazione per delinquere finalizzata all'organizzazione
abusiva delle scommesse, autoriciclaggio per oltre 85 mila euro
attraverso le scommesse con "giocate a copertura".
Sono almeno tre gli episodi di usura ricostruiti. Il primo
riguarda due persone, di cui una ludopatica, di una famiglia
titolare di diversi locali di ristorazione a cui gli indagati
hanno prestato 25 mila euro con tassi di interesse pari al 53%.
Circa il sistema di scommesse illecite sarebbe emerso che una
parte degli indagati aveva realizzato un articolato sistema di
raccolta di scommesse su eventi sportivi, gestito tramite gruppi
whatsapp. Gli scommettitori potevano giocare formulando le
puntate sugli eventi sportivi, maturando un debito
corrispondente alla somma che avevano scommesso. Alcuni
giocatori, in caso di perdita si indebitavano a tal punto da non
riuscire a restituire le somme di denaro giocate. Nel corso
dell'indagine sono stati individuati anche i gestori di tre
agenzie di scommesse di Genova, per le quali sono stati emessi
decreti perquisizione. I gestori coinvolti si ritiene facciano
parte del sistema di raccolta abusiva delle scommesse e
adoperavano le agenzie per mascherare il più redditizio traffico
illecito. Per uno degli indagati è stato disposto il sequestro
preventivo di 700 mila euro.
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