Un uso della forza "selettivo". Una "repressione" violenta contro gli studenti che manifestano e che però non viene messa in atto quando, a scendere in piazza e a creare disagi, sono altre categorie o movimenti. Dopo gli scontri a Pisa e Firenze, ne è convinto Enrico Zucca, attuale sostituto procuratore generale di Genova che è stato il pubblico ministero che ha portato alla sbarra i poliziotti per le torture alla scuola Diaz durante il G8 dell'estate 2001 a Genova ;"C'è un filo che continua nella gestione della piazza - sottolinea - Mi pare che le regole interne alle forze di polizia, che pure ci sono, continuano ad essere bypassate. Con quali criteri si è decisa una carica, chi l'ha ordinata, con quali indicazioni operative? In questo caso sembra un gesto d'iniziativa, come un'onda d'urto che deve respingere. E' percepibile la tendenza a infierire, la scarica di violenza con cui colpiscono le persone.
E' evidente che i poliziotti hanno visto quei ragazzi come 'nemici'". Secondo Zucca non si può dire quel che si disse per i fatti del G8, "ovvero che è stato sospeso lo stato di diritto".
Ma allo stesso tempo "non arriva un messaggio chiaro, anche dall'interno delle forze dell'ordine, e cioè che su questi episodi, che non devono appartenere alle forze di polizia, ci deve essere tolleranza zero". Non solo. I fatti di Pisa "come altre analoghi manifestazioni studentesche, rivelano che la repressione con la forza è spesso usata selettivamente: si usa contro gli studenti che manifestano per cause che non piacciono alla maggioranza o che non sono così popolari ma non si usa lo stesso metodo contro chi manifesta, anche senza rispettare le regole, per cause diverse ma non percepite negativamente". Così facendo, "si rischia di limitare il dissenso, preparandosi allo scontro duro sulla base di un giudizio negativo da parte di chi ha il compito di gestire l'ordine pubblico. In realtà la forza deve essere usata con criteri che valgono nei confronti di tutti e questi criteri sono l'assoluta necessità e la proporzione.
Sostenere che una manifestazione perché non autorizzata legittimi un intervento fuori da questi limiti è non aver chiari i fondamenti dello stato di diritto". Questi episodi "non sono irrilevanti, perché evocano concezioni e cultura che si riflettono sulle regole di ingaggio delle forze di polizia" aggiunge il magistrato che poi sottolinea: "non vorrei fosse una coincidenza casuale, ma il giorno prima dei fatti di Pisa il ministro Nordio, in Parlamento, ha parlato di una ipotesi di riforma del reato di tortura. Il Guardasigilli ha affermato che occorrono 'aggiustamenti' per rendere più chiara la norma nei contesti di operazioni di polizia. La norma è perfettibile, ma le spiegazioni tecniche mostrano la preoccupazione che il reato possa applicarsi anche in casi di tortura non custodiale seppellendo così una volta per tutte l'operazione Diaz". Però dopo i fatti di Pisa "c'è stata una cosa nuova" che Zucca ha notato, ed è stata "la reazione dei pisani. Una reazione nuova. Se i cittadini vanno in piazza e si indignano, in un momento in cui è difficile riempire una piazza, si capisce che la tutela dei diritti è fondamentale. E non è un caso che il Viminale abbia detto che quanto successo a Firenze e Pisa è un'occasione per riflettere. Significa che ci si è resi conto che qualche limite è stato oltrepassato"
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