(ANSA) - GENOVA, 04 APR - A 22 anni dalla scomparsa di
Massimo Mattoni, tour operator genovese di 40 anni, c'è un'unica
certezza: i resti trovati nel bosco di Borgio Verezzi nel 2003
sono i suoi. Ma è ancora giallo sulla morte, come avvenne e
quando. Il pubblico ministero Fabrizio Givri nel 2018 aveva
indagato una coppia di amici e nei giorni scorsi ha chiesto
l'archiviazione sostenendo che non ci siano prove a carico dei
due. Per la procura di Genova potrebbe essersi trattato di un
suicidio. Il fratello di Mattoni si è opposto e adesso toccherà
al giudice per le indagini preliminari capire se bisogna
indagare ancora o no. Il primo punto fermo, rispetto a un
mistero che in questi anni ha fatto aprire e chiudere diverse
indagini tra Genova e Savona, è che quei resti appartengono
proprio a Mattoni. La procura in questi anni ha disposto
intercettazioni telefoniche, ambientali, e pure il dna sulla
figlia dell'amica, analisi dei conti bancari e decine di
testimonianze, senza trovare nulla di concreto da fare
ipotizzare un omicidio. Per la procura ci sarebbe una lettura
più plausibile: Massimo Mattoni era depresso, tanto che poco
prima della sua scomparsa era stato ricoverato in psichiatria in
ospedale perché aveva tentato di uccidersi e non voleva che i
suoi famigliari lo sapessero. Il medico legale, nella sua
relazione, ha spiegato che non è stato possibile però accertare
con sicurezza le cause del decesso visto che dai resti mancava
anche una parte del cranio. I due amici, difesi dall'avvocato
Mario Scopesi, erano stati indagati anche per circonvenzione di
incapace perché Mattoni aveva dato loro la procura per la
gestione di conti bancari nel principato di Monaco da cui dopo
la morte, erano spariti parecchi soldi. La procura aveva aperto
un fascicolo contro i ignoti, poi chiuso per la prescrizione del
reato. (ANSA).
Scomparso 22 anni fa, resti suoi, ma ancora mistero sulla morte
Pm chiede archiviazione per coppia amici indagati per omicidio
