Chagall nelle memorie, ''com'erano tremendi i quadri di Picasso''
Autobiografia inedita del pittore ritrovata negli archivi di famiglia sarà pubblicata in occasione della mostra a Palazzo Reale a Milano
(di Nicoletta Castagni) (ANSA) - L'abbandono della Russia sovietica, la solitudine di Berlino, il ritorno nella Parigi (''è forse possibile immaginarsi un mondo senza Parigi?'') dei mercanti d'arte e degli amici delle avanguardie, dei poeti e letterati, le molte delusioni (''nei rapporti fra gli artisti, i buoni sentimenti sono indispensabili''), le riflessioni sulla pittura di ogni tempo (suggerite dalle fioriture di Nizza), la devozione a Van Gogh e Monet, gli incontri pungenti con Picasso, la morte dell'adorata Bella, la scoperta della ''terra ebraica'' e la profondità dello ''spirito biblico''(''sullo sfondo di quel paesaggio, riconoscevo e vedevo i profeti vicino a me''): questo e molto altro nell'autobiografia inedita di Marc Chagall, di recente rinvenuta negli archivi della famiglia, che verrà pubblicata in occasione della mostra a lui dedicata, allestita dal 17 settembre all'1 febbraio a Palazzo Reale di Milano.
Concepite dall'artista di Vitebsk quale prosecuzione di 'Ma Vie', che si fermava al 1933, queste memorie furono redatte negli anni '70. Fu infatti nel 1977-'78 che lo studioso Aleksandr L'vovic Obolenskij trasse una copia dattiloscritta dai manoscritti autografi dello stesso Chagall. Il testo, spiega Tamara Karandasheva nell'introduzione a 'Memorie di Chagall', contenuta nel catalogo (una coedizione GAmm Giunti e 24 Ore Cultura) dell'esposizione milanese, è suddiviso in due parti. ''La prima, di 65 pagine, abbraccia il periodo tra la primavera del 1922 e la fine degli anni '60. Il testo è composto in modo tale da rendere predominanti i nessi per associazione anziché i nessi cronologici'', un vero e proprio ''viaggio sulle onde della memoria'', in cui ''tutto è collegato in una corrente visibile, palpabile, di eventi, incontri, riflessioni, sensazioni, quadri del passato''. La seconda parte delle memorie, Chagall le scrisse in un quaderno (la copia dattiloscritta porta il titolo 'Dal quaderno rosso') e comprende 52 pagine (ne sono andate perdute tre). Qui, scrive la Karandasheva, la struttura è frammentaria e l'artista affronta diverse tematiche diverse come ''Vava'', ''Le mostre nel Salon'', ''Nel Vaticano'', ''Sull'arte'', ''I miei amici'', ''Gli scrittori'', ''Gli artisti'', ''La danza classica'', ''I miei modelli a Vitebsk nel 1914'', ''I miei viaggi'', ''Sulla Russia'', in gran parte già toccate nella prima sezione dell'autobiografia.
Ecco dunque oltre cento pagine nelle quali Chagall riversa tutta la sua personalità, l'inclinazione a dubitare , ma al tempo stesso riflettere, e mette a punto una ''cernita di perplessità e dispiaceri, riferisce di ingiurie ricevute, chiarisce gli argomenti su cui si fondano le sue posizioni in materia di arte, parla con amore e tenerezza di quanti gli sono stati cari e intimi''. ''L'arte non è un circo, anche se il circo è anche una grande arte - scrive con amarezza il maestro - Sì, gli artisti dovrebbero comportarsi con umanità gli uni verso gli altri. Per quanto banale possa sembrare, in arte come nella vita, è necessaria la semplice umanità. Senza questa non può esserci né una grande arte, né un grande artista''.
E non risparmia in questi ricordi inediti la freddezza di Leger, l'inimicizia mascherata di Delunay , la fatica di relazionarsi con i potenti galleristi parigini. Con Picasso è spietato. ''La sua arte mi era così estranea - scrive - Tutto di lui mi era estraneo. Aveva una passione di raffigurare sempre i suoi soggetti in forma 'caricaturale'. Prendeva il vostro viso, e in preda a un'esaltazione diabolica, con cattiveria, cominciava a deformarlo. Per alcune cose era geniale. Ma, Dio mio, com'erano tremendi i suoi quadri! Come la faccia della morte. Nessuno mai, nella storia dell'arte, aveva avuto nei propri dipinti volti come questi. Forse qualcuno saprà comprendere perché fosse così infelice mentre aveva tanto successo''. Per Chagall , che pensava che ogni quadro dovesse essere non ''destinato agli esseri umani, ma agli angeli'' e che ''nell'arte, per me, contano anche i sospiri '', le sperimentazioni di Picasso non suscitavano mai ''entusiasmo'', anche se a volte gli capitò di lavorare fianco a fianco con il maestro catalano nei laboratori di ceramica. In quel frangente, Picasso, stimolato da una conversazione pungente con Chagall sul comunismo, dedicò un disegno per la festa di Stalin: il suo ritratto con su scritto ''viva Stalin''.