Una nuova fila di tabernae. Tracce di
crolli (terremoti o abbandono?). E reperti unici, dalla lucerna
con Giove che cavalca l'aquila di fine III secolo alla testina
di fanciullo di età giulio-claudia o la rarissima moneta
quadrata di emissione papale. Sono le prime testimonianze emerse
dallo scavo Appia Regina Viarum, progetto di archeologia
pubblica della Soprintendenza Speciale di Roma avviato nel 2018
con fondi europei del Cipe e proseguito in collaborazione con
l'Università Roma 3, che proprio di fronte alle Terme di
Caracalla ha riportato alla luce edifici, strutture e reperti
dal II secolo fino all'età moderna, alla ricerca di risposte
sulla topografia e l'evoluzione di questa area.
La prima domanda, resa ancora più urgente dalla recente corsa
alla canditura Unesco, racconta la Soprintendente Speciale di
Roma Daniela Porro, "riguarda l'Appia 'perduta', o meglio quel
primo tratto dell'Appia antica, la grande strada che partiva da
Porta Capena per dirigersi verso sud". Dove passava e come si
snodava? Già perché come raccontano mura e reperti oggi nello
scavo ben in vista alle pendici di Caracalla, qui di "traffico"
ce n'è sempre stato molto. Soprattutto a destare gli studiosi è
quella distanza, 30 metri ovvero 100 piedi romani, tra le
tabernae appena ritrovate e quelle di età severiana, realizzate
per la costruzione delle Terme. "La misura - spiega Mirella
Serlorenzi, direttore scientifico dell'indagine - è proprio
quella citata dalle fonti e da un frammento della Forma Urbis
per la via Nova Severiana, costruita all'inizio del III secolo
d.C.dall'imperatore Settimio Severo. Ma dove passasse, se si
sovrapponesse alla via Appia, se l'allargasse o fosse una
complanare per il deflusso del pubblico non lo sappiamo". E
forse resterà un mistero, con i lavori che si devono fermare a 6
metri per l'acqua che zampilla dal terreno. Due sopra gli 8 del
basolato.
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