(ANSA) - PERUGIA, 10 MAG - "Sono profondamente amareggiato
per come sono stato definito in questi nove anni. Mi è stato
detto che ho scaricato sugli altri, sono stato definito
vigliacco e traditore di un giuramento fatto come funzionario di
polizia e servitore dello Stato. Tutto questo non l'accetto": ad
affermarlo l'ex capo dell'Ufficio Immigrazione della questura di
Roma, Maurizio Improta, in una lunga dichiarazione spontanea
nell'ambito del processo davanti alla Corte d'appello di Perugia
dove è in corso il processo per la vicenda legata all'espulsione
di Alma Shalabayeva e della figlia Alua.
"Mi dispiace - ha sottolineato Improta - sentirmi dire che non
ho avuto dubbi su quello che in quel momento stavo facendo in
qualità di dirigente di un ufficio con trecento uomini e con
cinque funzionari. La mia telefonata con il dottor Albamonte è
stata definita inopportuna ma io ritengo che una telefonata tra
un funzionario di polizia e un pm, avente ad oggetto una
attività d'ufficio, una richiesta di diniego scritto o di nulla
osta alla partenza sempre in forma scritta, non possa essere
considerata inopportuna. Quando lui al telefono mi dice alterato
'se non avete il nulla osta la riporti a Ponte Galeria', questo
non è un hotel dove si entra e si mette chiunque così ma si
entra con un provvedimento firmato dal questore. Quindi in
quella circostanza ritengo di essere stato preciso, forse
insistente ma necessario". (ANSA).
Improta, amareggiato per come mi hanno definito
"Non lo accetto" sottolinea davanti Corte appello Perugia
