Militari del Comando Provinciale
della Guardia di Finanza di Roma hanno eseguito il decreto di
confisca, emesso dalla locale Corte di Appello e divenuto
definitivo all'esito della pronuncia della Suprema Corte di
Cassazione, del patrimonio mobiliare e immobiliare, per un
valore stimato di oltre 460 milioni di euro, riconducibile a
Mauro Balini, patron del "Porto turistico di Roma". Confiscate
quote societarie, capitale sociale e intero patrimonio aziendale
di 13 società; 522 unità immobiliari e 28 terreni siti in Roma,
per lo più facenti parte del complesso "Porto turistico di
Roma", che ha continuato ad essere operativo, dal 2016, sotto il
controllo di amministratori giudiziari; 6 autoveicoli e crediti
societari e disponibilità finanziarie.
L'imprenditore romano, fu arrestato dalle Fiamme Gialle nel 2015
per associazione per delinquere finalizzata a fatti di
bancarotta fraudolenta, riciclaggio, impiego di denaro di
provenienza illecita e intestazione fittizia di beni.
Gli approfondimenti economico-patrimoniali condotti dagli
specialisti del Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria
sul reticolo societario riconducibile all'imprenditore, anche
tramite imprese estere o intestate a familiari o compiacenti
prestanome, hanno consentito di accertare la disponibilità di
beni in misura assolutamente sproporzionata rispetto ai redditi
dichiarati e la provenienza quale provento e reimpiego dei reati
contestati.
Balini poteva contare anche su rapporti con esponenti del clan
del litorale romano come i Fasciani e Spada. Nei loro confronti
l'imprenditore concedeva, a prezzo irrisorio o addirittura a
titolo gratuito, la gestione di attività presso stabilimenti
balneari o la gestione del parcheggio interno al porto
turistico.
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