"Abbiamo lavorato tre anni per
mettere insieme questa 'storia'. Racconta cosa significhi essere
me per tutto questo tempo e credo dica molto su ciò che sono
come artista e come uomo. Come americano che vive in Europa".
Ruvido, come solo i grandi possono, Jim Dine, il gigante della
Pop Art americana e del Neo-Dada, 85 primavere a giugno e una
collezione infinita di happening, creazioni, mostre, omaggi,
arriva a Roma con la grande personale a cura di Daniela
Lancioni, ospite di Palazzo delle Esposizioni che gli dedica
anche un calendario di eventi fino al 2/6. In mostra più di 80
opere, dal 1959 al 2018, provenienti da collezioni pubbliche e
private, al di qua e al di là dell'oceano, più immagini dei suoi
celebri happening, con ricordi dalla voce dello stesso Dine, e
una selezione di video interviste, oltre alle sue sculture in
alluminio, i celebri Cuori, la sala tutta dedicata ai Pinocchio
(con due poemi composti appositamente), la Black Venus del 2001
e due autoritratti: la testa di Head del 1959 e il dittico Two
Large Voices Against Everything del 2016. Cosa è cambiato tra
l'uno e l'altro? "Nulla, sono sempre io. Sono solo cresciuto e
migliorato, come uomo e come artista", risponde Dine, che vive
ormai da tempo a Parigi e che sta già lavorando a una nuova
mostra per l'autunno nella capitale francese. "Vivo qui, in
Europa - racconta - non perché costretto, ma perché è una fonte
di ispirazione e perché mi sento a mio agio, cosa che non sono
negli Stati Uniti. Non so il motivo - mette le mani avanti -
Oggi sono più libero, posso fare quello che voglio. No, non
perché sono un grande artista, ma perché sono anziano. Anche
perché - sorride - io non lo so se sono davvero un grande
artista. Sono invece assolutamente certo di avere 85 anni". Dine
tornerà a Palazzo delle Esposizioni, il 18/3, per il reading
House of Words con Fabrizio Ottaviucci al pianoforte e Daniele
Roccato al contrabasso.
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