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5G, armonizzazione limiti elettromagnetici agli standard europei

Continua il dibattito politico alla luce del DL Semplificazioni

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Continua il dibattito politico sulla necessità di armonizzazione dei limiti elettromagnetici agli standard europei alla luce del DL Semplificazioni, al momento in discussione presso le commissioni riunite Affari Costituzionali e Ambiente della Camera.

In particolare, nelle zone urbanizzate o semiurbane del nostro Paese il limite vigente è quello di 6 V/m, a fronte di un insieme di raccomandazioni europee e internazionali che, elaborate dall’ICNIRP (international commission on non ionizing radiofrequency protection) e fatte proprie con l’emanazione di una raccomandazione dall’Unione Europea, declina valori superiori per tutte le diverse bande di frequenza utilizzabili dalle tecnologie in uso e che, ad esempio, per le frequenze sui 3.4-3.8 GHz utilizzabili per il 5G, prevede 61 V/m. I limiti attuali rischiano evidentemente di comportare un ritardo nello sviluppo della digitalizzazione del Paese e nella realizzazioni di servizi utili a migliorare la qualità della vita, e che trovano applicazione nel mondo della sanità, dell’automotive, dell'agricoltura e della vita di tutti i giorni.

Si tratta di limiti fissati oltre 20 anni fa e che si ispirano al principio di precauzione. Una serie di regole adottate in Italia in via molto più cautelativa, rispetto al resto del mondo che invece ha fatto proprie le raccomandazioni internazionali. Una scelta che, come appare chiaro già dalla stessa scelta di limiti uguali per frequenze diverse, non risponde ad alcuna raccomandazione da parte della comunità scientifica. Una delle tante complicazioni tutte italiane.

Bisogna ricordare infatti, che lo stesso principio di precauzione prevede la costante verifica delle misure adottate alla luce di un criterio di adeguatezza e dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche sull’oggetto delle prescrizioni più cautelative: nonostante in questi venti anni trascorsi dalla prima definizione delle regole nazionali si siano accumulate migliaia di studi e susseguite più rassegne degli stessi per trovare una “verità scientifica” che li interpretasse tutti in modo metodolgicamente rigoroso (ricordiamo da ultimo proprio la revisione delle linee guida ad opera dell’ICNIRP nel 2020), una simile verifica non è mai stata realizzata.

La determinazione di limiti fissi a 6V/m è un caso raro, ma non solo italiano: anche la Polonia e la Bulgaria avevano limiti fissati a 6 V/m per tutte le frequenze, ma la Polonia ha adottato le raccomandazioni comunitarie nel corso del 2020 e in Bulgaria il dibattito è aperto.

Se anche negli altri - pochi - Paesi che avevano fatto la nostra stessa scelta questa è stata messa in discussione, è perché con essa si limita lo sviluppo di servizi utili a promuovere una maggiore sostenibilità ambientale e favorire lo sviluppo di nuovi servizi a vantaggio dei cittadini, pur di inseguire precauzioni che la scienza non ritiene necessarie, proprio nel momento storico in cui la trasformazione digitale e la transizione ecologica (che nella trasformazione digitale trova la sua piattaforma abilitante) sono obiettivi strategici del continente per la ripresa post-pandemica.

Sarebbe opportuno prendere esempio dalla maggioranza dei Paesi a noi paragonabili, evitando così situazioni particolari come quella che ha caratterizzato la definizione tutta italiana delle modalità di misurazione del livello di esposizione della popolazione per la verifica del rispettodei limiti diverse da quelle raccomandate a livello internazionale, che, seppure giustificata in questo caso da solide motivazioni teoriche basate proprio sulla specificità del caso italiano, continua ancora a sollevare discussioni, che potrebbero essere superate adottato in toto le raccomandazioni internazionali.

Vale la pena ricordare che il Parlamento Italiano, all’esito di un’indagine conoscitiva durata oltre un anno, ha ritenuto opportuno, quando interpellato sul PNRR, raccomandare proprio la rivalutazione e l’armonizzazione alle raccomandazione comunitarie delle regole sui limiti di esposizione della popolazione, in buona compagnia dell’Autorità antitrust, che in questa difformità riscontra anche criticità di natura competitiva tra gli attori del mercato

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