"Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l'età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino... Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005".
Sono le parole, pronunciate da Benedetto XVI in latino, con voce sommessa ma ferma, in quella mattina dell'11 febbraio di cinque anni fa, che hanno cambiato la storia della Chiesa. Per la prima volta dopo 600 anni un Papa rinunciava al suo incarico, che da lì in poi - con l'introduzione della figura del "Papa emerito" - diventava di fatto un mandato non più a vita.
E con le sue dimissioni-shock, in un momento di forte crisi per la Chiesa e la Santa Sede, travolta dagli scandali finanziari, dal riaffiorare delle piaghe purulente della pedofilia, dal discredito innescato dal caso Vatileaks con la fuga dei documenti riservati del Pontefice, apriva la strada a un pontificato "riformatore", e proprio per questo strenuamente combattuto dalla frange più tradizionaliste, come quello di Francesco.
Un gesto dirompente, quello di Joseph Ratzinger di rovesciare il tavolo di fronte all'impossibilità, per la mancanza di forze, di rimettere la Chiesa sul corso che lui avrebbe voluto, che a cinque anni di distanza in molti mostrano di non aver ancora compreso. Primi fra tutti le schiere di anti-bergogliani e di "sedevacantisti" che tuttora proclamano di considerare Benedetto XVI l'unico Papa legittimo, e Bergoglio una specie di "usurpatore" eretico e semi-protestante.
Arrivato alla veneranda età di quasi 91 anni, tra fragilità fisiche, difficoltà deambulatorie ma memoria e presenza intellettiva ancora vivacissime, il Papa emerito trascorre i suoi giorni nell'ex monastero 'Mater Ecclesiae' in Vaticano, periodicamente tirato in ballo - con sua somma e manifestata contrarietà - da chi vorrebbe metterlo in contrapposizione al suo successore nel tema della conservazione della dottrina. E di tanto in tanto fanno discutere i riferimenti, suoi o di altri, al suo stato di salute.
L'ultima la sua lettera al Corriere della Sera, in cui accenna al "lento scemare delle forze fisiche" e si dice "interiormente in pellegrinaggio verso Casa". Chi l'ha visto e ci ha parlato di recente, come il sostituto della Segreteria di Stato mons. Angelo Becciu, ne parla così: "Fisicamente un pochino fa difficoltà, però fa la sua passeggiatina, ancora. E poi mentalmente è freschissimo, ha una bella memoria, è presente. Sta bene, senz'altro".
E soprattutto c'è chi, come l'ex segretario in seconda, mons. Alfred Xuereb, ora segretario del dicastero dell'Economia, ne enfatizza la statura di Pontefice e il senso della rinuncia: "Ha fatto un atto eroico, secondo me, perché pensava piuttosto alla Chiesa, all'amore per la Chiesa che era molto più grande dell'amore per se stesso", dice a Vatican News.
Ricordando anche, proprio in antitesi ai fautori di uno scontro strisciante Ratzinger-Bergoglio, quella che fu la prima conversazione al telefono tra il Papa emerito e il suo successore pochi momenti dopo l'elezione di quest'ultimo, il 13 marzo 2013: "Io ho portato con me il portatile - racconta Xuereb -, arriva questa telefonata e passo il telefono a Papa Benedetto e lo sento dire: 'Santità, fin d'ora prometto la mia totale obbedienza e la mia preghiera'. Sono momenti che io non posso dimenticare".
Ratzinger: 5 anni fa la rinuncia che cambiò storia Chiesa
Gesto non ancora compreso da tutti. Per segretario "atto eroico"
