Una terra baciata da Dio, questo è il Collio quando si parla di viticoltura. Ma l'intervento divino forse non basta a spiegare questo Paradiso. Qui la Natura ci ha messo del suo, come qualità dell'aria, biodiversità, struttura morfologica delle colline, ma anche la sapiente mano dell'uomo ha contribuito a fare di questa zona il cuore del 'Vigneto Friuli', area vocata alla viticoltura dove i vini bianchi si sono imposti progressivamente sui principali mercati del mondo.
Oggi 'Collio' è sinonimo di qualità e con questi vini devono competere quanti - francesi in testa - intendano inserirsi nel mondo della ristorazione, del 'bere bene' settori agroalimentari ancora in grado di espandersi in termini economici. Alcuni dati: su un'area di 7.000 ettari - da Gorizia a Cormons lungo il confine con la Slovenia - 1.500 sono quelli vitati. ''Il 20% del territorio - dice Matteo Bellotto, del Consorzio Collio - Il resto è dedicato a bosco, prato e ad altre colture. E questa biodiversità è un po' il nostro fiore all'occhiello''. In zona, dove ha preso piede anche la produzione di olio e ciliege, operano 320 aziende (167 nel consorzio, pari all'80% della produzione totale) che sfornano ogni anno 6,5 milioni bottiglie.
''La destinazione è in primo luogo il mercato nazionale - spiega Robert Princic, presidente Consorzio Collio - ma da anni molte aziende più strutturate esportano in tutto il mondo: Usa, Germania, Austria, Svizzera e financo Giappone''.
I vini sono quelli autoctoni: Ribolla gialla, Friulano, Malvasia, Chardonnay, Pinot bianco e grigio, Sauvignon.
''Siamo usciti da una vendemmia straordinaria per qualità e quantità - specifica Princic - le previsioni per questa annata sono ottime. Noi puntiamo anche ad un giusto rapporto qualità- prezzo. Produrre in collina costa mediamente 30% in più e quindi è chiaro che una nostra bottiglia al ristorante sia più cara''.
D'altronde, è per queste diversità che la doc Fvg - istituita anni fa dalla Regione per promuovere il territorio - non ha forse avuto il successo che si sperava. Il rischio era premiare oltre misura le produzioni delle doc di pianura rispetto ai vini del Collio o del Carso più rinomati a livello internazionale e più costosi. ''Noi pensiamo - conclude Princic - che la regione, come tutto il comparto, debbano tendere alla qualità, sempre maggiore, del prodotto. Solo così garantiremo il nostro lavoro e aumentaremo le nostre fette di mercato. Il 'marchio' Collio poi ha una storia che deve essere difesa e valorizzata''.
Tutto cominciò negli anni '70 del secolo scorso con alcuni produttori particolarmente innovativi e, forse, anche un po' visionari: fra tutti Mario Schioppetto e Livio e Marco Felluga.
''Furono loro gli apripista - conclude Bellotto - furono loro ad imporre al mercato una specie di Rinascimento del vino friulano che poi fece strada e divenne storia''. Ora si tratta di seguire quel solco, di migliorare la produzione lungo quella strada, di trovare soluzioni nuove lungo quella prospettiva. E' il compito delle nuove generazioni in Friuli come in Italia.