Una ricerca internazionale
coordinata dall' Università di Trieste ha identificato più di 20
strutture legate a crateri ora sepolti e diverse stratificazioni
inclinate nella regolite, lo strato di materiale composto da
polvere, roccia e detriti, che si trova sulla superficie della
Luna, risultato di millenni di impatti di meteoriti e di
processi erosivi.
A coordinare il team di ricercatori è il gruppo di Geofisica
Applicata del professore Michele Pipan del Dipartimento di
Matematica, Informatica e Geoscienze di UniTs.
Gli scienziati hanno interpretato le strutture geologiche a
una profondità di oltre 30 metri dalla superficie lunare,
analizzando i dati radar raccolti dalla missione cinese
Chang'E-4 dal 2019, attraverso il primo rover atterrato sulla
faccia nascosta della Luna, e integrandoli con misure da sensori
remoti.
L'indagine ha interessato una parte del cratere Van Kármán, nel
South Pole-Aitken Basin, zona inesplorata del satellite con un
diametro di oltre 180 chilometri, ora al centro di nuove
rilevazioni geologiche. Per la prima volta, nella raccolta ed
elaborazione dei dati, i ricercatori hanno utilizzato algoritmi
di deep learning basati sull'intelligenza artificiale, che hanno
permesso di esaminare i dati radar in modo molto più preciso e
oggettivo rispetto al passato, scoprendo caratteristiche ed
evoluzione del lato nascosto della superficie lunare e rivelando
una complessità nella geometria della regolite sinora
sconosciuta. La regolite della zona osservata, infatti, non ha
uno spessore costante, contrariamente a quanto ipotizzato in
precedenza, ma variabile tra i 5 e i 15 metri.
"Questi risultati dimostrano l'importanza delle analisi
multidisciplinari, che non solo forniscono informazioni cruciali
dal punto di vista scientifico, ma costituiscono anche
l'imprescindibile punto di partenza per la valutazione di
potenziali risorse del sottosuolo lunare e per la pianificazione
di future missioni e basi lunari permanenti", dice Michele
Pipan, prof. Geofisica Applicata di UniTs.
La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Icarus, ha
coinvolto scienziati dell'Università di Trieste, dell'INAF -
Istituto nazionale di astrofisica di Roma - della Purdue
University (USA), dell'Accademia cinese delle Scienze e
dell'Università di Zhejiang (Cina).
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