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Mostre: dalla sua 'camera con vista' Marussig svela Trieste

Mostre: dalla sua 'camera con vista' Marussig svela Trieste

Allestimento al Museo Sartorio fino al 9/10

TRIESTE, 07 luglio 2022, 16:23

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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"Sono tornato a Trieste nella mia casa di campagna. E lì ho cominciato a riflettere e controllarmi sulla natura. A Parigi dipingevo una sorta di post impressionismo a modo mio; a Trieste facevo dei paesaggi nei quali mi importava di rendere soprattutto le unità di colore.
    Non andavo cercando il colore degli oggetti: la realtà mi appariva dominata da un'irradiazione luminosa, della quale mi studiavo di cogliere il senso tonale". È il 1906 e Piero Marussig rientra a Trieste dopo aver soggiornato a Monaco, Roma, Vienna, Parigi: acquista una villa in collina, Villa Maria, un buen retiro, fonte di ispirazione e soggetto di molte sue opere, alcune delle quali sono esposte da oggi, e fino al 9 ottobre, al Civico Museo Sartorio nella mostra "Piero Marussig. Camera con vista su Trieste", promossa dal Comune di Trieste e curata da Alessandra Tiddia e Lorenza Resciniti.
    La mostra, presentata in anteprima stamani, rende omaggio a Marussig, uno dei maggiori esponenti dell'arte del '900 a Trieste e in Italia, con alcuni capolavori provenienti dal Civico Museo Revoltella e da collezioni private. Il progetto di allestimento presenta i momenti salienti della sua opera: quello triestino raccolto nella villa di Chiadino e quello milanese in cui l'artista è protagonista della stagione di Novecento italiano. Le opere triestine (dal 1906 al 1919), come Siesta (1912), Serata a Trieste (1914), Concertino nel parco (1916), riflettono la sua percezione di un "macrocosmo racchiuso nel microcosmo della sua casa, dove interno ed esterno, natura e città, vita privata e vita sociale coincidevano. Chiadino era la sua Tahiti", scrive la critica d'arte Elena Pontiggia.
    Nel 1920 Marussig si trasferisce a Milano e da quel momento espone a fianco di quei pittori che credono nella traduzione delle modalità classiche italiane in un linguaggio moderno: Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Emilio Malerba, Ubaldo Oppi, Mario Sironi. Accostando la propria ricerca a quella dei colleghi, Marussig abbandona il colore espressivo e dà maggiore solidità alle sue figure, trasformando l'intima quotidianità tipica delle opere "triestine", in una dimensione sospesa e idealizzata.
   

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