(di Samantha Agrò)
Nel marzo del 1943, in piena
guerra, Winston Churchill lanciò per la prima volta l'idea di un
Consiglio d'Europa ai microfoni della Bbc, aprendo a una visione
di pace e unità per un continente devastato. Sei anni più tardi,
sulle ceneri postbelliche, quell'idea divenne realtà. Dieci
Stati, tra cui l'Italia, firmarono il Trattato di Londra,
gettando le basi per un'organizzazione - la più antica tra
quelle europee - destinata a vegliare sui diritti umani, la
democrazia e lo stato di diritto.
Da non confondere con le diverse istituzioni dell'Unione
europea, il Consiglio d'Europa si propone di essere un faro di
giustizia che, dalla sua sede a Strasburgo, abbraccia quasi
tutta l'Europa fisica. A oggi, ne fanno parte tutti i Paesi del
continente, per un totale di 46, con le sole eccezioni della
Russia, espulsa dopo l'invasione dell'Ucraina, della
Bielorussia, che non è mai riuscita ad aderirvi, e del Kosovo,
che ha recentemente richiesto l'ingresso. Anche nazioni come gli
Stati Uniti e Israele partecipano come osservatori e hanno
sottoscritto convenzioni che fissano standard su questioni
cruciali: dall'anticorruzione, all'intelligenza artificiale,
dalla lotta contro la violenza sulle donne al patrimonio
culturale e l'ambiente.
L'organismo più celebre del Consiglio d'Europa è la Corte
europea dei diritti umani (nota anche con l'acronimo di Cedu) e
il suo lascito più importante è la Convenzione europea dei
diritti dell'uomo. Ma tra i suoi strumenti c'è anche l'Ecri
(commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza).
Creata nel 1993, è composta da esperti indipendenti nominati dai
governi dei 46 Paesi membri sulla base di quattro criteri:
indipendenza, imparzialità, autorità morale e competenza
riconosciuta nel trattare questioni di razzismo e intolleranza.
L'Italia, dal 14 settembre 2023, è rappresentata da Alberto
Gambino, professore ordinario di diritto privato e prorettore
vicario presso l'Università europea di Roma. Ogni cinque anni,
l'Ecri esamina la situazione su razzismo e intolleranza negli
Stati, elaborando suggerimenti e proposte per i governi. Un
lavoro che prevede analisi di documenti, missioni nei Paesi e un
dialogo riservato con le autorità nazionali.
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