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Ursula prova a mediare su Fitto, il Ppe fa quadrato

Ursula prova a mediare su Fitto, il Ppe fa quadrato

Si tratta sulle deleghe. La carta Schmit per il voto socialista

BRUXELLES, 11 settembre 2024, 20:32

Michele Esposito

ANSACheck
Il ministro per gli Affari Europei, Raffaele Fitto - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il ministro per gli Affari Europei, Raffaele Fitto - RIPRODUZIONE RISERVATA

Come spesso accade, ai giorni del grande scontro è subentrata l'ora della trattativa silenziosa, discreta. E forse decisiva. Ursula von der Leyen si prepara ad affrontare l'ultima curva che dovrebbe portarla, martedì prossimo a Strasburgo, a presentare la sua nuova squadra di commissari. La strada resta strettissima, i malumori nella maggioranza da striscianti si sono fatti assordanti, l'ipotesi di Raffaele Fitto come vicepresidente esecutivo, se non adeguatamente controbilanciata, rischia di far deflagrare il sostegno di socialisti, liberali e verdi. Con un rischio, quello di un ennesimo rinvio e del conseguente indebolimento della stessa von der Leyen. Finora l'ex ministra tedesca non ha sbagliato un colpo, uscendo dal catino dell'Eurocamera di Strasburgo a luglio con una maggioranza più ampia di quella del 2019, ma con il voto contrario di Giorgia Meloni al Consiglio europeo e poi di Fdi in Parlamento. Una mossa che ha complicato la strategia del Ppe di avvicinare i conservatori alla maggioranza.

   D'altra parte - e questa è la convinzione dei vertici popolari, Ursula inclusa - non dare all'Italia il giusto peso significherebbe relegarla in posizione di semi-isolamento, che danneggerebbe la stessa macchina dell'esecutivo Ue. Da qui la scelta di concedere a Fitto il ruolo di vicepresidente esecutivo. Al pari del liberale Thierry Breton, del popolare Valdis Dombrovskis e della socialista Teresa Ribera. Von der Leyen, nei suoi incontri, ha sempre affermato di voler seguire il criterio dell'equilibrio: geografico, di genere e di affiliazione politica. E' il primo, nel caso di Fitto, ad aver dettato la scelta della presidente laddove S&D, Renew e Greens puntano sul terzo proprio per bocciare un esponente di un partito che, da quelle parti, è considerato di estrema destra anti-Ue.

   Per tenere il punto von der Leyen ha due strade: limitare le deleghe che fanno capo direttamente al ministro italiano, assegnando altrove quella agli Affari economici; o venire incontro alle richieste socialiste convincendo i lussemburghesi a cambiare il proprio candidato - il popolare Christophe Hansen con Nicolas Schmit, commissario uscente e Spiztenkandidat del Pse alle Europee. "Stiamo negoziando, vedremo. Abbiamo delle richieste che vogliamo siano ascoltate. E' una questione generale non un problema di singoli temi", ha spiegato la presidente del gruppo S&D Iratxe Gracia Perez. Da qui ai prossimi giorni la presidente della Commissione tornerà a vedere i gruppi della maggioranza. Martedì sera, assieme ai commissari popolari, ha fatto invece il punto con il Ppe.

   Nel gruppo di Manfred Weber la difesa di Fitto è ferrea sebbene, viene riferito da fonti parlamentari, cominci a serpeggiare il timore di fare eccessive concessioni ai socialisti. "Per il Ppe l'Italia deve essere ben rappresentata nella prossima Commissione. L'Europa deve rispettare i risultati ottenuti dal governo italiano su molte questioni europee", ha tuttavia ammonito Weber. Tra gli eurodeputati italiani, finora, ad aver annunciato il proprio no a Fitto sono invece i Verdi - per bocca del portavoce nazionale Angelo Bonelli - e il M5s. "Nel 2019 Fdi non ha votato Paolo Gentiloni perché non ci fu votazione facendo prevalere l'interesse nazionale", ha attaccato Gaetano Pedullà ricordando che Meloni "definì un inciucio" la nomina dell'ex premier.

   Fonti di Ecr, tuttavia, hanno respinto l'accusa: "Nella riunione dei coordinatori della commissione Econ del Pe il voto ci fu, e il rappresentante dei conservatori, Van Overtveldt, si espresse a favore dopo aver sentito il parere proprio di Fitto", viene spiegato. La lista dei commissari è un cantiere semi aperto. Le vice presidenze esecutive dovrebbero essere sei. I greci (che hanno un peso nel Ppe) e i cechi (per la riconosciuta stima a Bruxelles del loro candidato, Jozef Sikela) puntano a deleghe forti, così come polacchi, olandesi e austriaci. Per tutti ci sarà la prova delle commissioni parlamentari. Non è detto che all'audizione segua una votazione. Ma per respingerne la richiesta, al Ppe, potrebbe servire lo scomodo aiuto di gruppi come quello dei Patrioti.

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