Dopo la tempesta le nubi sembrano diradarsi. Al Consiglio straordinario di Bruxelles sui migranti l'aria che si respira è molto diversa rispetto ai giorni infuocati della Ocean Viking e per la prima volta, assicurano i bene informati, si registrano passi avanti su diverse delle questioni più spinose che sempre hanno diviso i 27.
Certo, Parigi è arrivata tenendo il punto: se Roma non assicurerà l'accesso ai porti, non ci saranno i ricollocamenti. Ma l'obiettivo era più ampio, riportare al centro dell'agenda il tema delle migrazioni e puntare all'accordo che metta fine a Dublino. "È andata bene", ha assicurato alla fine il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi.
"Siamo soddisfatti dei risultati di questo consiglio straordinario", ha confermato il vice presidente della Commissione Ue Margaritis Schinas, ricordando come, sull'onda dello scontro Francia-Italia, "molte forze eurofobiche e populiste" hanno preso a dire che l'Europa "non è in grado di fornire risposte". Ora invece la parola d'ordine è "convergenza". Per Piantedosi i rapporti col collega francese Gerald Darmanin sono stati "normalissimi e cordialissimi" e non c'è stato bisogno di "nessun confronto". All'Italia non sono state fatte richieste ma anzi si è parlato di strategie future.
Ecco quindi aperture sostanziali a realizzare "interventi finanziati direttamente dalla Ue che possano impedire le partenze e rafforzare i meccanismi di rimpatrio", agendo quindi su quella dimensione esterna delle frontiere più volte evocata dal governo italiano. Anche se dalla Spagna è arrivato uno stop all'idea di hotspot in Africa: "Potrebbe distrarci dai nostri obblighi in materia di diritto umanitario e internazionali", ha fatto sapere Madrid. Poi si è concordato sulla "necessità di stabilire, in una cornice concertata a livello Ue, delle regole certe per i soggetti, anche privati, che operano nel Mediterraneo". Ovvero il codice per le ong. "Parlarne non è un tabù, le operazioni non possono avvenire in una situazione da Far West", ha sottolineato Schinas.
L'incontro è stato sì incardinato sulle esigenze di Francia e Italia ma questo non significa che non si sia parlato anche d'altro. I timori per la rotta balcanica, ad esempio, dove i numeri sono più alti che in quella centrale e per questo la Commissione a breve presenterà un piano ad hoc.
Altri Paesi, come Belgio, Germania e Olanda, hanno espresso le loro rimostranze per i movimenti secondari. Il ministro dell'Interno ceco, Vit Rakusan, da presidente di turno Ue ha poi avvertito che è "necessario prepararsi a un nuovo afflusso di rifugiati ucraini". Qui la questione è diversa ma tutto si tiene, dato che per ora lo sforzo maggiore su quel fronte lo hanno fatto i Paesi dell'est, tradizionalmente sordi a qualunque richiesta di solidarietà proveniente da sud. Già, la solidarietà. Ylva Johansson, commissario per gli Affari interni, sostiene che "il meccanismo volontario di redistribuzione dei migranti funziona" e ora "va aumentata la velocità".
In futuro, quando il nuovo patto approntato dalla Commissione sostituirà il trattato di Dublino, la "solidarietà" - sottolinea un'alta fonte diplomatica - dovrà divenire giuridicamente vincolante, così come ora la "responsabilità" (di salvare vite). Su questo pare che il Consiglio si sia espresso favorevolmente. Stessa cosa sulle operazioni nelle zone SAR (ovvero in mare). Non possono essere considerate alla stregua di quelle di terra. Insomma, il carro si muove. Il prossimo appuntamento è già fissato, l'8-9 dicembre sempre a Bruxelles (sempre Consiglio Affari Interni). Ma già si ipotizza di portare la questione sul tavolo dei leader, nel vertice prenatalizio. "L'Italia - assicurano fonti di governo - è consapevole che l'incontro di oggi rappresenta l'inizio di un importante percorso comune in sede Ue per definire e rendere operativi strumenti efficaci per governare insieme il fenomeno della migrazione".