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Successo a Bologna per l'opera Fidelio

Allestimeno di Delnon sposta azione negli anni della Ddr

Grande successo al Teatro Comunale di Bologna, pur di fronte a un pubblico non foltissimo, per la nuova produzione del 'Fidelio', unico lavoro operistico di Beethoven, in una delle sue poco più che rare rappresentazioni italiane. L'allestimento del regista Georges Delnon, coprodotto con la Staatsoper di Amburgo, sposta l'azione negli anni terribili della Ddr e della sua temibile polizia, la Stasi, che tutto controllava e schedava. La vicenda narrata è quella di Leonore che travestita da Fidelio si introduce in una prigione per salvare lo sposo Florestan, ingiustamente incarcerato dal perfido Don Pizarro.

    Così la scena unica è un enorme stanzone dell'abitazione del carceriere Rocco dove si notano pochi elementi di arredamento, una scrivania, una radio e un pianoforte sul quale al termine dell'ouverture Marzelline suona controvoglia la celeberrima 'Per Elisa', ma sogna Fidelio. Gli ideali beethoveniani del bene e della giustizia che trionfano sulla tirannia vengono riletti da Delnon con uno spettacolo sobrio, assolutamente non invasivo e rispettoso della partitura, (scene di Kaspar Zwimpfer e costumi di Lydia Kirchleitner) che riporta alla mente le atmosfere plumbee del film di Florian Henckel von Donnersmarck 'Le vite degli altri'.

Se qualche pecca si può notare qua e là nel lavoro del regista svizzero (le tante didascalie tratte da Müller e da Büchner che lasciano intendere che il tutto sia un sogno, o l'arricchire l'introduzione seconda con una sorta di caccia a Marzelline, prima insidiata dallo spasimante Jaquino e poi preda del cattivissimo Pizzarro), sta forse nella scarsa fiducia che ha di Beethoven, la cui musica da sola ha una forza drammaturgica che non richiede inutili artifici retorici. Bella invece l'idea di Pizzarro che spia Rocco e Leonore, scesi nella cella di Florestan, attraverso la voce gracchiante di una radio, o il far comparire sulla scena due armadi scorrevoli a raffigurare un enorme archivio e una parete-alveare che stipa i prigionieri ispirata ai campi di sterminio nazisti.

    E di bell'effetto visivo anche il grande bosco animato in 3D, popolato di cerbiatti e di lupi famelici, sul quale si affaccia la casa di Rocco. L'intera parte musicale, capeggiata dal direttore Asher Fisch con l'eccellente Leonore-Fidelio della soprano Simone Schneider, il Florestan di Erin Caves, Petri Lindroos (Rocco), Christina Gansch (Marzelline), Lucio Gallo (Don Pizzarro), Sascha E. Kramer (Jaquino)e Nicolò Donini (Don Fernando), è parsa perfetta, inducendo una forte attesa per la prossima stagione bolognese, nella quale Fisch sarà impegnato in varie prove beethoveniane (a partire dalla Missa Solemnis che aprirà il cartellone sinfonico) in occasione del 250/o della nascita del compositore di Bonn. Serata ricca di applausi per tutti gli artisti e in particolare per la compagine corale, preparata da Andrea Malazzi, impegnata nel celebre Coro dei prigionieri, che è un po' il Va pensiero dei tedeschi, per i quali Fidelio è la vera opera nazionale. Si replica il 12, 13, 14, 15 e 16 novembre. 
   

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