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Il 'pirata' Lolli, 'indignato, anch'io fui torturato da Almasri'

Il 'pirata' Lolli, 'indignato, anch'io fui torturato da Almasri'

'Ho assistito a omicidi, pestaggi e rappresaglie in carcere'

BOLOGNA, 24 gennaio 2025, 15:05

Redazione ANSA

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Giulio Lolli, imprenditore finito a processo e condannato per le vicende della Rimini Yacht, fuggito in Libia ed estradato in Italia nel 2019, attualmente in carcere a Bologna, si dice "indignato" per la scarcerazione di Almasri Osama Najeen: in una lunga nota, diffusa attraverso il suo avvocato, Claudia Serafini, racconta le torture subite e quelle a cui dice di aver assistito nella prigione Mitiga "dove sono stato rinchiuso, nell'indifferenza mediatica, consolare e delle associazioni dei diritti umani - scrive - dal 28 ottobre 2017 all'1 dicembre 2019".
    Lolli, soprannominato 'Il Pirata', era stato arrestato in Libia, dove aveva preso parte alle rivolte contro Gheddafi, con l'accusa di terrorismo (accusa per cui in Italia è stato assolto in via definitiva). Nella nota spiega di aver già testimoniato nel 2023 davanti alla Procura della Corte penale internazionale e di essere stato, in carcere, testimone oculare di due omicidi commessi dai comandanti della milizia Al-Rada, uno effettuato da Almasri "per rappresaglia su un prigioniero appena catturato dopo un tentativo di assalto alla prigione", il secondo durante interrogatori. In un'altra occasione ci furono colpi d'arma da fuoco sparati alle ginocchia dei prigionieri, in due casi da Almasri, "per dare esempio".
    "Ho assistito a innumerevoli e brutali pestaggi - aggiunge - avvenuti sia con il bastone di gomma che Osama e tutti i miliziani si portavano appresso sia con il calcio dell'AK47".
    Tra le torture subite, Lolli racconta di essere stato ripetutamente inserito in una bara di ferro verticale per ore "quando non rispondevo adeguatamente a Osama Najeen, Abdulraouf Karah, il fondatore di Al-Rada e a un altro ufficiale". Lolli si dice pronto a dare ulteriori chiarimenti e dice di essere indignato "ancor più a vedere che un criminale di tale caratura sia stato riaccompagnato in Libia con l'aereo Falcon dell'Aise", lo stesso velivolo con cui lui stesso venne condotto dagli agenti dell'Aise da Tripoli a Roma, "dopo essere stato consegnato da Osama Najeen ai servizi segreti italiani".
   

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