Domenica 20 maggio 2012 un terremoto di magnitudo 5.9, alle 4.03 del mattino, svegliò all'improvviso la popolazione, squassando la Bassa emiliana e sconvolgendo centri produttivi come Mirandola, Medolla, Sant'Agostino, SanFelice sul Panaro, tra le province di Reggio, Modena, Bologna e Ferrara. Nove giorni dopo, il 29 maggio, prima alle 9 e poi verso l'una, il sisma tornò ad aggredire con due scosse superiori ai 5 di magnitudo, meno intense di quella del 20 ma più distruttive: la seconda scossa colpì soprattutto il lavoro di questa terra fatta di distretti industriali che esportano nel mondo prodotti di certificata qualità.
Furono gli operai a pagare il prezzo più alto per il crollo dei capannoni: la Bbg di Mirandola, la Meta di San Felice, la Haemotronics di Medolla diventarono simboli del dramma di quel martedì mattina di quasi estate, quando tanti erano appena tornati al lavoro per ricominciare al più presto la produzione di eccellenze gastronomiche, del biomedicale, della meccanica. Le tendopoli già allestite e abitate fecero sì che i nuovi crolli di edifici non provocassero un numero enorme di vittime.
Il sisma causò complessivamente 28 morti e 300 feriti, 45mila le persone sfollate, con una stima dei danni per 13 miliardi: quattro i capoluoghi coinvolti e 55 i comuni, oltre a 48 comuni limitrofi che subirono danni solo in alcuni edifici.
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