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Arte: 'Fakes', in mostra il falso da Dossena a Modigliani

Arte: 'Fakes', in mostra il falso da Dossena a Modigliani

Da un'idea di Vittorio Sgarbi a Palazzo Bonacossi di Ferrara

FERRARA, 05 aprile 2022, 18:17

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il quattrocentesco Palazzo Bonacossi di Ferrara riapre il 7 aprile con la mostra 'Fakes da Alceo Dossena ai falsi Modigliani', organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dal Servizio Musei d'Arte del Comune in collaborazione con il Mart di Trento e Rovereto. La mostra, nata da un'idea di Vittorio Sgarbi e curata da Dario Del Bufalo e Marco Horak, approfondisce fino al 31 luglio il capitolo del falso nell'arte ripercorrendo la vicenda artistica del cremonese Alceo Dossena (1878-1937), creatore di sculture che trasmettono la vitalità e il sapore degli originali precristiani, medioevali o rinascimentali cui sono ispirate.
    Dossena era capace di imitare uno stile piuttosto che un'opera in particolare, talvolta miscelando motivi derivati da artisti diversi. Inoltre riusciva a donare alle sue creazioni la patina del tempo, rendendole così ancor più convincenti: studiosi e direttori di musei di tutto il mondo le attribuirono a maestri del calibro di Simone Martini, Mino da Fiesole, Desiderio da Settignano, Antonio Rossellino, Donatello e Verrocchio.
    Ma il caso di Dossena non è il solo. Tra la fine del XIX e i primi decenni del XX secolo la richiesta di opere antiche da parte dall'aristocrazia europea e ancor più dai ricchi statunitensi è tale da favorire l'immissione sul mercato antiquario di numerosi falsi realizzati da abilissimi artisti-artigiani: Giovanni Bastianini, il più celebre scultore-falsario dell'Ottocento, autore di opere in stile rinascimentale, Icilio Federico Joni, che nella sua autobiografia del 1932 si definisce "pittore di quadri antichi", specializzato in tavole dal fondo oro nello stile dei Primitivi senesi, e Umberto Giunti, allievo ed erede di Joni. "Falsi autentici" sono invece le celebri "teste di Modigliani" ritrovate nel Fosso Reale di Livorno nell'estate 1984: ritenute autentiche da eminenti critici d'arte, si scopre in seguito che si tratta di una beffa architettata da tre studenti universitari, Pietro Luridiana, Pier Francesco Ferrucci e Michele Ghelarducci e, per protesta, da Angelo Froglia, scultore e pittore livornese.
   

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