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Dai romantici a Segantini, a Padova la collezione Reinhart

Dai romantici a Segantini, a Padova la collezione Reinhart

Dal 29 gennaio il nuovo progetto di Goldin

PADOVA, 19 gennaio 2022, 19:16

di Roberto Nardi

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Dai romantici a Segantini, a Padova la collezione Reinhart - RIPRODUZIONE RISERVATA

Dai romantici a Segantini, a Padova la collezione Reinhart - RIPRODUZIONE RISERVATA
Dai romantici a Segantini, a Padova la collezione Reinhart - RIPRODUZIONE RISERVATA

PADOVA - Dal "sublime romantico", a cavallo tra Settecento e nuovo secolo, al colore delle avanguardie di inizio Novecento, dalla profondità alla luce, attraverso un racconto che ha in Caspar David Friedrich e poi in Giovanni Segantini e Giovanni Giacometti, padre di Alberto, il suo principio e a sua fine. Una narrazione ideata da Marco Goldin per la mostra allestita a Padova, al centro San Gaetano, dal 29 gennaio al 5 giugno, che ha il suo ideale punto di partenza, dopo un richiamo al tema del paesaggio in Svizzera tra la fine del Secolo dei Lumi e inizio '800, con un quadro strepitoso del padre del romantico nell'arte, "Le bianche scogliere di Rugen" (valore assicurativo di 100 milioni di euro), e si snoda, passando per Bocklin, fino alla scoperta, per il grande pubblico, delle montagne dipinte da Ferdinand Hodler o, nell'ultima sala, le sue cinque figure femminili in abito blu di "Sguardo verso l'infinito". L'esposizione, intitolata "Dai romantici a Segantini. Storie di lune e poi di sguardi e montagne. Capolavori dalla Fondazione Oskar Reinhart", a una decina di giorni dall'apertura al grande pubblico, ha ancora il carattere di un "cantiere", con una sala dove sono raccolte le casse per il trasporto, in piena sicurezza e microclima, delle oltre 70 opere, in parte ancora da aprire, e una dove su un grande tavolo c'è posato un grande foglio su cui, attraverso piccole riproduzioni, è segnata la sequenza delle sale e la dislocazione dei quadri da appendere alle pareti. L'opera di Friedrich, scelta quale simbolo della mostra, dopo il via libera dei curatori, è già pronta per essere appesa su una parete dove in alto c'è una frase di Alexander von Humboldt, tratta dal suo Diario di viaggio del 1796; mentre è concluso, invece, l'allestimento delle ultime due sale: una sorta di micro monografica di Hodler, della sua visione dei monti svizzeri, di quella natura, che in realtà attraversa idealmente tutte le otto sale della rassegna. Questa di Goldin è una mostra che parla di pittura tra Svizzera e Germania, attraversando 150 anni di arte e storia, ma ha il valore di un racconto più vasto che indaga, attraverso gli artisti ma non solo, il rapporto dell'uomo con la natura, della montagna in particolare con il cambiamento della sua essere da luogo "oscuro" a realtà che si apre al turismo, che si trasforma, che diviene meta di viaggio. L'esposizione, articolata in sezioni, è anche la prima tappa, con i dipinti provenienti dalla Fondazione Reinhart, mai visti in Italia, del nuovo progetto di Goldin teso a indagare le "Geografie dell'Europa. La trama della pittura tra Ottocento e Novecento". Un ciclo di mostre per dare conto della pittura in Europa in quel fondamentale periodo di cambiamento, secondo una divisione nazionale o per aree contigue.
   

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