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La Montréal di Leonard Cohen

La Montréal di Leonard Cohen

Una mostra per ricordare il musicista canadese e un itinerario tra i luoghi da lui amati

29 settembre 2017, 19:45

di Ida Bini

ANSACheck

Montreal celebra Cohen - RIPRODUZIONE RISERVATA

Montreal celebra Cohen - RIPRODUZIONE RISERVATA
Montreal celebra Cohen - RIPRODUZIONE RISERVATA

MONTREAL - “Mi sento a casa quando sono a Montréal. In un modo che non mi sento altrove”. Leonard Cohen, raffinato musicista e compositore scomparso a novembre del 2016, amava profondamente la città dove era nato. A Montréal, la città più popolosa del Québec, fatta di grattacieli infiniti e palazzi coloniali, di grandi parchi e strade sotterranee, sono tanti i luoghi che segnarono la vita e le canzoni di Cohen.

Primi tra tutti il quartiere ebraico di Westmount, dove al civico 599 di Belmont avenue nel 1934 nacque l’artista. La famiglia di Cohen, ebrei d’origine russa, possedeva un negozio di vestiti e riuscì a garantire a Leonard un’infanzia tranquilla e serena fino ai 9 anni, quando il padre morì all’improvviso. La scrittura divenne subito per lui un modo catartico di allontanare dolore e tristezza: componeva canzoni e brani che proponeva nei locali di Sainte-Catherine, la zona centrale più viva della città: nelle caffetterie, frequentate da intellettuali e artisti, nei club notturni e nei bar dove si suonavano jazz e blues. La sua prima performance pubblica fu nel Dunn’s Birdland, un club sopra Dunn’s Delicatessen, dove Cohen lesse una poesia su un accompagnamento del pianoforte. Oggi rue Sainte-Catherine ha perso quell’atmosfera bohémien ed è diventata un grande centro commerciale sotterraneo con 15 chilometri di strade dove si fa shopping e, d’inverno, ci si ripara dal gelo.

In una libreria del centro Cohen scoprì la poesia di García Lorca e si innamorò dell’Andalusia e del flamenco. Comprò una chitarra di seconda mano e al parco di Murray Hill, a sudovest della città, conobbe un giovane chitarrista spagnolo a cui chiese lezioni di chitarra. Soltanto qualche anno fa Cohen dichiarò che da quel giovane, che poi morì suicida, imparò le note che furono alla base di tutte le sue composizioni musicali.

Un’altra tappa importante nella vita di Cohen fu l’università di McGill, feudo accademico degli anglofoni di Montréal. Qui il cantautore cominciò a scrivere poesie in lingua inglese, creando un certo attrito con i suoi luoghi d’origine dove si parlava solo francese. I conflitti linguistici, tuttavia, così come quelli sociali e politici sembravano non interessare Cohen, che non prese posizione durante le proteste del fronte della liberazione del Québec. All’accusa di non appoggiare nessun movimento il musicista rispondeva che lui non si sentiva né canadese né del Québec: “io sarò sempre e solo di Montreal”. I suoi atteggiamenti nei confronti della politica, così come il suo modo di vivere, furono sempre sobri ed eleganti, fuori dal coro.

Anche nei testi delle sue canzoni Cohen attraversa la città di Montréal in punta di piedi, senza appropriarsene mai completamente. Spesso risuonano i cori e le litanie della sua sinagoga e si accende l’atmosfera intimista di certe zone, come il porto, che fa da sfondo al brano più famoso, Suzanne. Qui, l’amata Suzanne Verdal lo porta per mano fino alla sua casa vicino al fiume san Lorenzo: “indossa stracci e piume” come i manichini del negozio dell’esercito della salvezza di Notre-Dame, vicino alla cattedrale; “ti offre il tè e le arance che ha portato dalla Cina”, chiaro riferimento al porto di Montréal. Nella canzone si parla anche della cappella di Nostra Signora del Buon Soccorso, una piccola chiesa del XVII secolo, sormontata da una guglia in rame, più volte rifatta, che era il luogo di pellegrinaggio dei cattolici anglofoni; un’alta scultura del Cristo corona la cupola sopra una “torre di legno”, come cita la canzone e dà le spalle ai fedeli mentre guarda il fiume san Lorenzo con le braccia aperte per benedire i marinai.

Passeggiando lungo il Vieux Port della città, oggi è possibile ammirare la chiesa, ma anche assistere agli spettacoli di prova del Cirque de Soleil, che qui ha la sua sede stabile; poi si arriva al ponte Jacques-Cartier, quest’anno sempre illuminato per il suo 375/o anniversario.

Un’altra zona da visitare sulle tracce del musicista è il vecchio quartiere ebraico dove si trova ancora la casa a tre piani di Cohen, davanti al parc du Portugal (negli anni Settanta il quartiere era diventato un enclave portoghese) e non lontano da un luogo che è diventato rifugio per senzatetto e per gli artisti di strada. Al 4320 di rue Saint Laurent, arteria commerciale nel quartiere del Plateau, c’è il caffè ristorante Bagel Etc, dove Cohen faceva colazione con i dolcissimi bagel fatti con uova, miele e malto. Al civico 3864, invece, si trova Main Deli Steakhouse, dove Cohen amava mangiare sandwich alla carne affumicata: “mi piace questo posto perché è aperto tutta la notte”, diceva. Una buona alternativa è Schwartz’s, un locale con arredi vintage poco distante sulla stessa via.

A cena il musicista andava da Moishes Steakhouse, un ristorante elegante dove oggi campeggia un enorme murale con il suo volto e il suo celebre cappello, realizzato dall’artista Kevin Ledo. Plateau è un quartiere pieno di stradine che fiancheggia il fiume e che accoglie la storia più antica della città; era un’antica zona di immigrati, oggi trasformato in un’area francese bohémien alla moda con prezzi alti e negozi prestigiosi. In particolare rue de Saint-Denis ospita gelaterie, boutique e negozi di antiquariato, mentre boulevard Saint-Laurent pullula di rivendite di spezie ungheresi, spagnole ed ebraiche, di librerie e caffè ma anche di negozi di scarpe e vestiti, come Schreter, il locale preferito da Cohen. Nelle vicinanze c’è Quincaillerie Açores, altro indirizzo amato dall’artista per fare acquisti per la casa.

Spostandosi verso il centro tra sinagoghe, palazzi vittoriani di mattoni e legno e barconi sul fiume si arriva a place de Saint-Louis, nei cui caffè e sulle cui terrazze si riuniscono ancora oggi artisti e poeti. Infine, per un vero tributo a Cohen, è bene recarsi al cimitero di Montréal dove tra tantissime lapidi che portano il suo cognome, c’è una tomba con un piccolo disegno azzurro di un uccello nero sopra un filo, emozionante omaggio al suo celebre brano: Bird on the wire.

Leonard Cohen visse in molte altre città, da Berlino a Manhattan e a Los Angeles, ma il legame con Montréal non si spezzò mai; alla fine dei suoi giorni, infatti, chiese persino al coro della sinagoga di incidere un brano del suo ultimo disco, You Want It Darker.

Non poteva essere più forte il legame con la città dai tanti volti, colta, artistica e multietnica, la città canadese con un’anima newyorkese e l’accento francese, trionfo di opere d’arte e installazioni all’aperto; soprattutto in rue Sherbrooke, in corrispondenza della prestigiosa università McGill, dove pullulano le splendide ville dell’Ottocento e dove si trova un suggestivo giardino botanico.

In occasione dell’anniversario della sua scomparsa, infine, il prestigioso Muséè d’Art Contemporain (http://macm.org) ospita dal 9 novembre fino al 9 aprile 2018 la mostra Leonard Cohen - Une brèche en toute chose / A Crack in Everything, con 18 opere d’arte di 40 artisti provenienti da tutto il mondo. L’evento si estenderà oltre le pareti del museo con installazioni e spettacoli tra le strade e gli edifici di Montréal.

 

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