(di Maria Grazia Marilotti)
Dalle sette del mattino Emanuele
Perra è in vigna per selezionare e tagliare le uve con molta
cura, scegliere le migliori. Lui, artigiano della vite, in
accordo con gli obiettivi enologici dell'azienda, coglie il
momento giusto per la raccolta. Richiede esperienza, talento,
intuito. Nato 35 anni fa ad Assolo, 400 abitanti
nell'oristanese, da sei anni è un vero e proprio maestro delle
vigne.
Lui vola basso: "a guidarmi è l'amore per la terra. Le
premesse per ottenere un buon vino partono dalla qualità delle
uve", racconta all'ANSA mentre insieme alla sua squadra taglia i
grappoli tra i filari dell'azienda Contini di Cabras, nel Sinis.
Domani è atteso a Palau, in un'altra vigna, nell'azienda Petra
Bianca. La sua professionalità tanto rara e preziosa in cui si
fondono sapienza antica e conoscenze moderne, molto apprezzata
in ambiente vitivinicolo, è richiestissima dalle cantine come
manodopera qualificata tutto l'anno, dalla potatura alla
vendemmia. Li definiscono operai agricoli specializzati, ma la
loro è una vera e propria arte.
Il suo telefono squilla, arrivano continue richieste da tutta
la Sardegna. Emanuele Perra coordina un gruppo di donne e uomini
dai 18 ai 62 anni del suo paese e dei centri limitrofi. "È un
gruppo affiatato che lavora con grande entusiasmo e una
crescente professionalità", spiega. Una scelta, la sua, dettata
da una grandissima passione e dal desiderio di lavorare nella
sua terra senza emigrare come hanno fatto tantissimi suoi
coetanei. Emanuele si è costruito la sua strada professionale e
familiare, e a dicembre diventa papà. Il profumo del mosto
selvatico gli è familiare. Lo sente da quando era adolescente e
dava una mano a suo nonno Chicchino nel vigneto centenario che
poi ha ereditato e che negli anni '30 aveva impiantato suo
bisnonno, Luigino.
"Ho intrapreso gli studi in scienze infermieristiche, ma il
richiamo della terra - confessa - è stato più forte. I vignaioli
anziani del mio paese che non riuscivano più a gestire le loro
vigne, vedevano in me un giovane appassionato e me le affidavano
per la potatura e la raccolta delle uve e io attingevo al loro
sapere: mi hanno insegnato tanto. Ho trovato la strada giusta e
nemmeno tre ernie del disco hanno spezzato il mio sogno".
E' mezzogiorno, l'ora dello spuntino. Nel gruppo si respira
un'atmosfera di affiatamento e allegria: "Vorrei dire a tanti
giovani che non è un lavoro usurante come si pensa e in più dà
tante soddisfazioni". Da dicembre inizia la fase della potatura.
"Un lavoro certosino che richiede - precisa Emanuele - altissima
professionalità e attenzione.È il momento più emozionante è
anche il più delicato, in quel momento il legno diventa la
materia della tua 'opera d'arte', se la tagli male accorci la
vita alla pianta". Ogni giorno lui affina la sua conoscenza:
"Fondamentale è l'aggiornamento continuo, il sapere adattare
studi e conoscenze agronomiche ai cambiamenti climatici, con cui
sempre più dobbiamo fare i conti, e all'insorgere di malattie
qualche decennio fa sconosciute". Da tempo coltiva un sogno che
sta cercando di realizzare passo dopo passo: "Vivo in un
paesaggio di grande bellezza, ricco di nuraghi, ai piedi
dell'altipiano della Giara, con tante potenzialità legate
all'enoturismo che si possono trasformare in opportunità di
lavoro".
Terminato lo spuntino si torna tra i filari. Emanuele ripensa
alle perle di saggezza di suo nonno Chicchino che sapeva sempre
ridargli fiducia e confortarlo anche quando, per disattenzione o
svogliatezza giovanile, il lavoro non era stato all'altezza
delle aspettative: "Chi no màrrat no ddi capìtat (a chi non
zappa non succede)", mi ripeteva. È la frase guida che
accompagna ogni momento della mia vita".
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