- Dal fango può nascere un fiore. E anche un rinomato vino a denominazione di origine controllata. A dimostrare la possibile di ripartenza dopo i danni dell'alluvione è un'azienda agricola del Sud, nello stretto di Messina, e un micro-distretto enologico siciliano, quello Faro Doc.
"Siamo agricoltori da quattro-cinque generazioni - racconta Antonino Bonfiglio, volto delle Cantine Bonfiglio, una realtà a conduzione familiare a Briga Marina - impegnati nella gestione di una vigna nel versante jonico del tratto più a Sud della denominazione Faro Doc. L'azienda agricola nasce nel 1982, ma le sue radici sono più antiche con la famiglia Bonfiglio che dagli inizi Novecento coltiva la ventosa terra di Briga con produzioni di limoni, arance ed olio. Nei primi anni Duemila la decisa sterzata verso la viticoltura: l'agrumeto viene espiantato e vengono realizzati i vigneti con uve autoctone (Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Nocera) con l'ampliamento della proprietà in località Piano Cuturi, a Giampilieri. Ma nel 2009 la terribile alluvione ci porta via tutto, - racconta Antonino - anche a noi custodi della terra. Il fango ha trascinato via anni di lavoro, ma parte di quei terreni di Giampilieri adesso li abbiamo recuperati. Stretti tra il profilo dell'Etna, i vulcani delle Eolie e lo stretto, abbiamo così conosciuto la forza della natura e abbiamo capito che non va imbrigliata".
Da qui la ripartenza nel segno dell'armonia: nel 2015 siamo riusciti a realizzare la cantina e a ricostruire una sorta di piccola oasi botanica, una culla della biodiversità agronomica con vista sullo stretto e la Calabria antistante. Con il brand "Cantine Bonfiglio" dal 2018 otteniamo la certificazione di produzione biologica e siamo oggi una delle poche aziende a fare tutto in casa, dalla coltura al confezionamento del vino. Ora sono due gli ettari in produzione, per un totale di 8-9mila bottiglie.
Per far meglio comprendere l'importanza del ruolo femminile da noi nasce la linea "Donne di famiglia" che celebra con il rosato "Eleonora" e il Faro Doc "Beatrice" la mamma e mia sorella, oltre ai nostri luoghi di origine di cui fanno parte il rosso "Kalonero" ed il Faro Doc "Piano Coturi". Sono espressioni della enologia siciliana e incarnano l'etica e la tenacia nella ripartenza aziendale dopo anni di prove e selezioni. Sentir parlare di nuove alluvioni, anche in territori lontani, rinnova lo choc della perdita subita ma ci sprona a dare impulso alla cura del territorio per prevenire altri disastri".
Questo piccolo distretto vinicolo, sia nel versante tirrenico che jonico, ha avuto tanti nemici, dopo l'alluvione spaventano ancora oggi gli incendi che, con il costante vento a prevalenza scirocco, si sviluppano in poco tempo. Il nuovo cda del Consorzio di tutela Faro Doc è in carica da marzo, con 16 produttori per un totale di circa 50 ettari tutti nel comune di Messina. "Il fuoco spesso ha lambito i nostri vigneti scoscesi verso il mare - sottolinea la presidente Enza Le Fauci - ma non ha spento il nostro entusiamo nel proporre i nostri sapidi nettari, tutti vocati all'invecchiamento, sia per piatti tipici del territorio, come lo stocco, sia con le cucine del mondo, dagli Usa al Giappone. E sono certa che un vitigno autoctono della Sicilia orientale come il Nocera, il nostro unicum, farà parlare di sè nei prossimi anni. Va colto solo al giusto grado di maturazione, e anche nelle intemperie ci insegna ad aspettare e ad avere pazienza".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA