Il riscaldamento globale influisce
positivamente sulla viticoltura eroica, almeno su quella di alta
quota. La valutazione emerge a margine del Mondial des vins
extrêmes: il concorso internazionale dedicato proprio alla
viticoltura eroica si sta svolgendo in Valle d'Aosta, con 863
vini provenienti da 26 paesi di tutto il mondo.
"Cambiamenti climatici non negativi per i vini estremi? Ma
diciamolo sottovoce", commenta Stefano Celi, presidente del
Cervim, che organizza l'evento. "Certo, rispetto alla
viticoltura di pianura e di collina possiamo ritenerci
fortunati: con qualche in grado di temperatura in più le nostre
uve ne beneficiano, abbiamo una migliore maturazione e un
prodotto finale di maggiore qualità". La viticoltura eroica,
così come i vini ammessi al Mondial des vins extrêmes, si fonda
su uve di vigneti che presentano almeno una delle seguenti
difficoltà strutturali permanenti: altitudine superiore ai 500
metri di quota, a esclusione dei sistemi viticoli in altopiano;
pendenze del terreno superiori al 30%; sistemi viticoli su
terrazze o gradoni; viticolture delle piccole isole.
"Nel caso in cui le temperature medie dovessero aumentare -
aggiunge Celi - abbiamo sempre la possibilità di salire di
quota. Certo, se invece parliamo di siccità, il problema
riguarda anche la viticoltura di montagna, come nel caso dello
scorso anno. La viticoltura eroica deve fare i conti con costi
di manodopera maggiori, basti pensare che per lavorare un ettaro
di vigneto in pianura servono 100 ore lavoro all'anno, e per lo
stesso ettaro in montagna si va da un minimo di 600 a 1.200 ore
annue di manodopera".
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