Dai mobili al make up fino ai filati, passando per la
realizzazione di occhiali, orologi e oggetti di design: sono più
di 1500 le applicazioni commerciali e industriali del bambù
gigante, ben oltre la cultura asiatica. Un business che, grazie
alla capacità di adattamento della coltura anche a quota mille
metri sul livello del mare, ha attecchito in Italia che da Nord
a Sud sta cominciando a ricoprirsi di bambuseti, da Nord a Sud.
Nel 2014 l'intuizione di Fabrizio Pecci che, dopo aver avviato
un'azienda agricola nel riminese selezionando alcune varietà
cinesi a partire dal gigante Moso, oggi dirige il Consorzio
Bambù Italia. E' nato così il Consorzio Bambù Italia e Vivai
OnlyMoso, che fornisce piante certificate e stringe accordi per
la raccolta di cannee germogli, fornendo assistenza
specializzata ai coltivatori. A Faenza, in provincia di Ravenna,
si trova "l'incubatore" di bambù, dove ogni pianta viene
coccolata e monitorata da una trentina di esperti.
Ad oggi in tutta Italia si contano circa 1.500 ettari di bambù,
tra cui una piantagione a 1.200 metri di altitudine, in
provincia di Bolzano. Ma le richieste sono continue e in
costante crescita. Perché non occorrono grandi appezzamenti, né
grandi cure: con un investimento di 15mila euro per ettaro se ne
possono ricavare quasi 40.000 l'anno.
Tra germogli, fusti e fogliame, infatti, tutto è "monetizzabile"
da parte dell'industria alimentare, nel design fino alle
costruzioni. Con ricadute positive su tutto il sistema: un
ettaro di bambù arriva a produrre ossigeno come un intero bosco,
è capace di drenare la pioggia e contrastare il dissesto
idrogeologico, resiste agli incendi. E non necessita interventi
con erbicidi o pesticidi, un nuovo ingrediente veg dunque anche
a tavola.
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