E' il primo libro dello chef che parte con le osservazioni sul come sceglierlo, ma allo stesso tempo muove una considerazione gastrofilosofica sulla prevalenza della cucina di carne rispetto a quella di pesce, passando poi a scardinare il detto comune del "fresco è meglio". Certo fa discutere e genera qualche dubbio l'affermazione di Niland secondo cui "un pesce appena catturato ha pochissimo aroma e sapore": ma è proprio questa considerazione che lo spinge a indagarne gli straordinari e affascinanti processi di frollatura e maturazione.
Si tratta un mondo in larga parte inesplorato e, per certi versi, parallelo a quello della carne: e così nel volume di Niland si trovano ricette (e, più ancora, metodologie) per ottenere il prosciutto speziato di aguglia, o il guanciale di pesce re, o il pastrami di carangide. Gli scarti del pesce sono utilizzati a tutto tondo (sfiorando, anzi superando l'estremo con le "nuvolette" che utilizzano occhi di pesce e calamari). Il mare senza confini dell'autore esplora anche il sanguinaccio preparato con carangide, ricciola o maccarello; poi sofferma le preparazioni con fegato di dotto o branzino, cuore e milza fino a toccare una delle ricette più estreme, la mortadella di liquido seminale di pesce: si utilizza quello di maccarello reale o carangide.
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