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Unionfood, la guerra non mette a rischio la pasta italiana

Unionfood, la guerra non mette a rischio la pasta italiana

Pastai, da Russia e Ucraina meno dell'1% fabbisogno grano duro

ROMA, 03 marzo 2022, 12:57

Redazione ANSA

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La guerra tra Russia e Ucraina non mette a rischio la produzione di pasta italiana e non impatta direttamente sui prezzi del primo piatto preferito dagli italiani. Lo affermano i pastai di Unione Italiana Food, nel ricordare che il peso di questi due Paesi è estremamente marginale rispetto al fabbisogno del settore di grano duro, materia prima della pasta. Dall'Ucraina non è stato importato grano duro nel 2021, mentre quello arrivato dalla Russia nello stesso periodo rappresenta meno del 3% delle importazioni e meno dell'1% sul fabbisogno totale dei pastai. D'altra parte, l'Ucraina è tra i principali produttori di grano tenero, materia prima da cui si ricava la farina utilizzata come ingrediente di pane, dolci, pizza o mangimi per animali. "La confusione tra queste due materie prime ha alimentato un flusso di informazioni contraddittorie nei giorni scorsi", spiega Luigi Cristiano Laurenza, segretario dei Pastai Italiani, secondo la quale era necessario fare chiarezza per non creare preoccupazione e allarmismo tra i consumatori.

Oltre al grano tenero, ricorda l'Unione, ad essere interessati dal conflitto sono anche mais e soia. "In un'economia globale le oscillazioni di una commodity trascinano inevitabilmente le altre - chiarisce ancora Laurenza - per questo non possiamo escludere che il conflitto possa avere effetti indiretti anche sulla pasta". Il settore, composto da 120 aziende che danno lavoro a oltre 10 mila persone, sta infatti attraversando una crisi senza precedenti. Il prezzo del grano duro è stabile da qualche settimana, ma viene da un aumento dell'80% negli ultimi 12 mesi per l'effetto combinato dei cambiamenti climatici, della speculazione internazionale e della corsa all'accumulo di beni essenziali da parte di alcuni Stati. Senza contare che al rincaro delle materie prime si sono accompagnati, negli ultimi 6 mesi, aumenti dei costi di energia, petrolio e materiali da imballaggio.

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