Si allunga la lista dei 'nemici' dei pescatori che fanno razzie negli allevamenti ittici, in stagni e in mare. Non solo cormorani, granchi blu e delfini, ma a fare danni ci sono anche le noci di mare, da non confondere con i tartufi di mare. Le mmnemiopsis leidyi il nome scientifico, sono simili per aspetto alle meduse per via del corpo gelatinoso e per la loro trasparenza, non sono urticanti per l'uomo ma fanno man bassa di novellame, mettendo in pericolo le produzioni ittiche tutto l'anno; in particolare sono una minaccia per le specie pelagiche come il pesce azzurro di cui l'Italia è un grande produttore. Di notte si illuminano e quando si aggirano nei pressi degli attrezzi da pesca, come le nasse, in cerca di cibo, spaventano i pesci che così non vengono catturati.
A darne l'allarme è la Fedagripesca-Confcooperative, stimando che tra furti di pesce e novellame e danni alle reti da parte delle noci di mare, ma anche di cormorani, delfini e granchi blu, il conto ai danni della pesca professionale nell'ultimo decennio supera 5 milioni di euro. Senza contare, in prospettiva, che una proliferazione massiccia costituisce una grave minaccia per gli habitat marini autoctoni.
L'ultimo avvistamento massiccio è di questi giorni e arriva dagli allevatori di vongole del delta del Po, ma negli anni la loro presenza si è fatta sentire lungo le coste di Friuli Venezia-Giulia, Marche e Toscana. Si tratta di una specie marina che ha iniziato a fare la spola tra America e Mar Nero a causa delle alte temperature del mare e proprio da lì sono uscite per raggiungere il Mediterraneo. Sono una minaccia per l'ecosistema marino perché si nutrono di uova e di larve di pesce. Tanto che l'Ogs-Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale ha lanciato l'applicazione 'avvistAPP' per partecipare in maniera attiva alla raccolta di informazioni sui loro avvistamenti.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA