La Giunta di Regione Lombardia ha
approvato nella seduta odierna un progetto di valorizzazione
delle filiere produttive della carne, del latte e delle uova,
mediante la ricerca di residui di antibiotici, metalli e ormoni
con nuove metodiche analitiche ad ampio spettro ed elevata
sensibilità. "Gli eventi drammatici del Covid e della pandemia -
dice la vicepresidente e assessore al Welfare di Regione
Lombardia, Letizia Moratti - ci impongono di aumentare il
controllo su quello che mangiamo. In quest'ottica, nelle linee
d'indirizzo al Piano sanitario regionale ampio spazio è dato al
tema del 'One Health', ovvero della massima condivisione e di
una 'sola salute' di uomo, animali e ambiente. Il progetto
approvato oggi va in questa direzione, proprio verso questi
obiettivi". "La Lombardia - spiega Fabio Rolfi, assessore
regionale all'Agricoltura - è la prima regione agricola
d'Italia. Produciamo il 43% del latte italiano, abbiamo il 53%
dei capi suini a livello nazionale, 16.600 allevamenti di bovini
da carne e latte e oltre 1.000 allevamenti avicoli. Siamo terra
di prodotti Dop conosciuti nel mondo. Si tratta di un sistema
portante per la nostra economia e per la nostra storia e
vogliamo tutelare con dati scientifici certi questo patrimonio".
Il programma è in grado di rilevare con un'unica analisi oltre
60 elementi chimici, anche se presenti a livelli oltre 100 volte
inferiori ai limiti eventualmente previsti. La presenza di
residui di farmaci veterinari in generale e di antibiotici in
particolare è un tema quantomai attuale, all'attenzione dei
consumatori. Il fenomeno viene spesso correlato alle condizioni
in cui sono mantenuti gli animali negli allevamenti intensivi e
alla necessità di effettuare trattamenti farmacologici per
controllare patologie connesse a non ottimali condizioni di
allevamento. Il rispetto dei limiti massimi di residuo fissati
dalle norme comunitarie è un prerequisito sanitario garantito
dai controlli. Ciononostante, negli ultimi anni si è assistito a
un progressivo aumento sul mercato di prodotti che recano in
etichetta la dichiarazione 'antibiotic free', che da un lato
rappresenta un valore aggiunto per il consumatore, ma che al
contempo richiede la possibilità di verifica su quanto
dichiarato.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA