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Da Google intelligenza artificiale che dialoga coi pazienti

Da Google intelligenza artificiale che dialoga coi pazienti

Un prototipo empatico e preciso negli scambi durante le visite

ROMA, 16 gennaio 2024, 15:54

Redazione ANSA

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"Dottor Google" potrà in futuro aiutare i camici bianchi nei colloqui con i pazienti, ad esempio quelli preliminari all'apertura di una cartella clinica o a fare una diagnosi sulla base di quanto riferito dal paziente: è la prospettiva che si individua in un lavoro realizzato da un team di ricercatori di intelligenza artificiale di Google Research e Google DeepMind, che ha sviluppato il prototipo di un sistema di dialogo diagnostico basato sull'intelligenza artificiale per condurre colloqui "medico-paziente". Il nuovo sistema si chiama Articulate Medical Intelligence Explorer, o Amie. Quando un medico parla con un paziente all'inizio di una visita per mettere a fuoco il problema, fa una serie di domande che comprendono i sintomi riferiti dal paziente, la storia clinica e la familiarità per malattie di vario genere. In genere questa parte della visita richiede del tempo e anche un certo grado di sforzo empatico da parte del medico, nonché di comprensione globale dello stato di salute del paziente. Il team di Google ha notato che molti programmi di intelligenza artificiali basati su modelli di linguaggio, come ChatGPT, spesso appaiono piuttosto empatici e desiderosi di aiutare, cosa che può aiutare l'interlocutore, ad esempio un paziente, a relazionarsi. Per questo gli scienziati di Google hanno pensato a un sistema di dialogo diagnostico da usare nel mondo reale, affiancandolo al lavoro dei medici. Gli esperti hanno utilizzato un approccio innovativo per insegnare al sistema come approcciarsi e chiedere informazioni mediche al paziente. Inizialmente, l'hanno addestrato sulla limitata quantità di dati pubblicamente disponibili su colloqui medico-paziente. Poi hanno fatto sì che il sistema si auto-addestrasse da solo incitandolo a recitare la parte di una persona con una malattia specifica. Amie ha poi intervistato 20 volontari che fingevano di essere pazienti. I risultati sono stati valutati da professionisti medici per determinare l'accuratezza.
   

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