Non solo vista e udito: la realtà
immersiva potrà far provare sensazioni tattili grazie a piccoli
dispositivi che aderiscono alla pelle come un cerotto,
veicolando
sensazioni complesse. A inaugurare questa nuova frontiera dei
computer indossabili è la ricerca pubblicata sulla rivista
Nature e coordinata dal gruppo della Northwestern University
coordinato da John Rogers. Il primo autore è Matthew Flavin, del
Georgia Institute of Technology e della Northwestern University.
Alla ricerca hanno collaborate le università cinesi Westlake e
Dalian University of Technology. Le possibili applicazioni
potrebbero riguardare sia le protesi di arti, sia supporti per
le persone non vedenti. Il dispositivo funziona infatti
trasformando in sensazioni tattili diversi input presenti
nell'ambiente.
Simile a un piccolo insieme di bottoncini, il dispositivo
aderisce alla pelle è flessibile e non invasivo. Perfezionamento
di un prototipo che lo stesso gruppo di ricerca aveva realizzato
nel 2019, il dispositivo comprende 19 piccoli attuatori
magnetici organizzati su una base esagonale e incapsulati
all'interno di un materiale sottile e flessibile a base di
silicone. Ogni attuatore può fornire sensazioni diverse, come
pressione, vibrazione e torsione. Utilizzando la tecnologia
Bluetooth di uno smartphone, il dispositivo riceve i dati
relativi all'ambiente circostante e li traduce in sensazioni
tattili.
Pur essendo alimentato da una piccola batteria, il
dispositivo risparmia energia perché può rimanere in due
posizioni stabili senza bisogno di un apporto costante di
energia. Quando gli attuatori premono verso il basso, l'energia
viene immagazzinata nella pelle e nella struttura interna del
dispositivo. Quando gli attuatori si spingono verso l'alto, il
dispositivo utilizza la piccola quantità di energia per
rilasciare l'energia immagazzinata. In questo modo, il
dispositivo consuma energia solo quando gli attuatori cambiano
posizione. In questo modo il dispositivo può funzionare a lungo
con una singola carica della batteria.
"L'idea è stata quella di utilizzare l'energia
immagazzinata meccanicamente nella pelle come energia elastica e
di recuperarla durante il funzionamento del dispositivo", ha
detto Flavin. "Proprio come quando si allunga un elastico,
comprimendo la pelle elastica si immagazzina energia. Possiamo
quindi riapplicare quell'energia mentre forniamo un feedback
sensoriale e questa è stata la base per la creazione di questo
sistema davvero efficiente dal punto di vista energetico".
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