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Donne fantasmi della ricerca, il loro lavoroè meno riconosciuto

Sottovalutato anche nei brevetti. Meno firme sugli articoli

Benedetta Bianco

Le donne nel mondo della ricerca rischiano di essere come fantasmi: il loro lavoro, infatti, ottiene meno riconoscimenti rispetto a quello dei colleghi maschi. Le firme delle ricercatrici hanno il 13% di probabilità in più di non comparire tra gli autori degli articoli scientifici e addirittura il 59% di probabilità in più di non essere incluse nelle richieste di brevetto, nonostante la loro partecipazione ai progetti. Lo rivela un innovativo studio guidato dalla statunitense Northeastern University di Boston e pubblicato sulla rivista Nature, che evidenzia come il divario sia presente in ogni campo e ad ogni livello della carriera. 

I ricercatori, guidati da Matthew Ross, hanno analizzato i dati provenienti dalle università che tengono traccia di tutte le persone coinvolte in ogni progetto di ricerca, compresi docenti, studenti laureati, ricercatori post-dottorato, personale di ricerca e laureandi: le informazioni incluse riguardano 128.859 persone e 9.778 gruppi di ricerca, che hanno lavorato in 52 college e università americane dal 2013 al 2016. I risultati mostrano che il contributo delle donne è più spesso sottovalutato rispetto a quello degli uomini e che le prime sono anche più soggette a discriminazioni, stereotipi e pregiudizi. 

“L’unicità di questa ricerca è che abbiamo i dati per sapere esattamente chi ha lavorato ai singoli progetti di ricerca e quale fosse il suo ruolo”, dice Bruce Weinberg dell’Università Statale dell’Ohio e dell’Dipartimento Nazionale per la Ricerca Economica, che ha partecipato allo studio. “Questa ricchezza di informazioni ci ha aiutato a capire se le persone dovevano o meno ottenere un riconoscimento per una particolare pubblicazione o brevetto”.

I risultati dello studio sono stati ulteriormente confermati da un’indagine condotta su oltre 2.400 ricercatori, che ha messo in evidenza lo stesso dato: le donne hanno riferito, più spesso degli uomini, di essere state escluse dalla paternità degli articoli scientifici a cui hanno contribuito. “Le donne non ottengono credito con le stesse modalità degli uomini”, commenta Enrico Berkes dell’Università Statale dell’Ohio e co-autore dello studio: “Il divario è forte e persistente”.

È noto che le ricercatrici abbiano meno probabilità dei colleghi di occupare posizioni di rilievo nei gruppi di ricerca, ma lo studio dimostra che in realtà questo squilibrio è presente anche ai livelli più bassi della carriera. Ad esempio, solo 15 studentesse laureate su 100 sono state incluse come autrici di un documento, rispetto a 21 studenti laureati maschi su 100. “Le donne hanno maggiori probabilità di occupare posizioni di supporto – aggiunge Berkes – ma ricevono meno credito rispetto agli uomini a tutti i livelli”.

Le donne, inoltre, hanno minori probabilità di ricevere il giusto riconoscimento anche in quegli studi che vengono considerati “ad alto impatto”, cioè di particolare rilevanza. “Non dovrebbe mai esserci un divario tra donne e uomini, ma non dovrebbe esserci soprattutto nelle ricerche che hanno maggiore impatto in ambito scientifico – commenta Weinberg – questa è un’enorme fonte di preoccupazione”.

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