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Manovra, tagli alla ricerca 'sarebbero un suicidio' per l'Italia

Manovra, tagli alla ricerca 'sarebbero un suicidio' per l'Italia

Presidenti enti e rettori, toglierebbero competitività

13 febbraio 2017, 17:42

Redazione ANSA

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Appello dei presidenti degli enti pubblici di ricerca e dei rettori per evitare nuovi tagli (fonte: Pixabay) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Appello dei presidenti degli enti pubblici di ricerca e dei rettori per evitare nuovi tagli (fonte: Pixabay) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Appello dei presidenti degli enti pubblici di ricerca e dei rettori per evitare nuovi tagli (fonte: Pixabay) - RIPRODUZIONE RISERVATA

No a nuovi tagli alla ricerca nella manovra aggiuntiva chiesta all'Italia da Bruxelles: per l'Italia srebbero un 'suicidio' perchè metterebbero a rischio la capacità di produrre innovazione e, con essa, la capacità di essere competitiva a livello internazionale. E' l'appello lanciato oggi a Roma dalla Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca e dalla Conferenza dei rettori (Crui), nella conferenza stampa organizzata presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr).
"I fondi destinati alla ricerca non sono spese correnti da controllare e tagliare, ma investimento", ha rilevato Massimo Inguscio, presidente del Cnr e della Consulta dei presidenti degli enti. "Non tagliare i fondi per la ricerca - ha aggiunto - è un modo per investire nella crescita del Paese, ridurli sarebbe invece un suicidio".

Crui, dal 2008 persi 1 miliardo euro e 10.000 ricercatori
Dal 2008 ad oggi la ricerca condotta nelle università italiane ha perso un miliardo di euro e 10.000 ricercatori: lo ha detto oggi a Roma il presidente della Conferenza dei rettori (Crui), Gaetano Manfredi, nella conferenza stampa organizzata dalla stessa Crui e dalla Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca.
"Se riuscissimo a recuperare sia i fondi sia i ricercatori, torneremmo a una situazione nella quale eravamo sottodimensionati, ma almeno avevamo l'opportunità di avere dei giovani ricercatori", ha rilevato Manfredi nell'incontro, organizzato presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr). Di tagli per 60-70 milioni avvenuti negli ultimi anni ha parlato anche Massimo Inguscio, presidente del Cnr e della Consulta degli enti pubblici di ricerca. "Sono quei finanziamenti che mancano per poter andare in pareggio". 

I presidenti degli enti, non esistono tesoretti
Non esistono i presenti tesoretti degli enti pubblici di ricerca: lo hanno detto oggi a Roma, presso il Consiglio nazionale delle Ricerche (Cnr), in una conferenza stampa gli stessi presidenti degli enti pubblici di ricerca, rilevando che tutto è scritto nei bilanci, che sono pubblici e trasparenti e che soprattutto bisogna saper leggere.
"Abbiamo denari pubblici spesi fino all'ultimo centesimo e in una situazione nella quale siamo valutabili in un contesto sia nazionale che internazionale", ha detto Massimo Inguscio, presidente del Cnr e della Consulta dei presidente degli enti pubblici di ricerca, che ha organizzato l'incontro insieme alla Conferenza dei rettori. Anche per il presidente dell'Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Roberto Battiston, "una lettura corretta dei bilanci degli enti indica con assoluta evidenza che non esistono tesoretti. Bisogna considerare - ha aggiunto - che i fondi stanziati dagli enti per i progetti pluriennali vengono allocati ma non spesi".

In un'operazione di trasparenza voluta dalla stessa Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca, ha detto ancora Inguscio, "ci siamo preoccupati di raccogliere i dati relativi al bilancio 2015". I dati riguardano i 20 enti pubblici di ricerca che fanno parte della Consulta, controllati da diversi ministeri. Dell'elenco non fa parte l'Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova in quanto non giuridicamente non è un ente pubblico di ricerca, ma una fondazione. Per l'Iit i dati di bilancio relativi al 2015 sono comunque pubblicati nella relazione della Corte dei Conti.
"Nelle amministrazioni -ci sono flussi di cassa perchè l'andamento delle entrate e delle uscite non è sincronizzato", ha rilevato Manfredi. "Ad esempio - ha aggiunto - per i progetti pluriennali c'è l'obbligo di accantonare le risorse: fondi come questi non sono tesoretti, ma giacenze di cassa. Per anni - ha aggiunto - la ricerca pubblica è stata accusata di spendere più di ciò che aveva, adesso invece viene accusata del contrario".

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