La storia genetica della coltivazione della vite è stata ricostruita grazie ai dati sul Dna di 345 varietà e ad un algoritmo basato sull’Intelligenza Artificiale: la prima domesticazione sarebbe avvenuta nel Medio Oriente, nella cosiddetta Mezzaluna fertile, per poi diffondersi in tutta Europa circa 3.000 anni fa. Inoltre, gli ultimi 2.000 anni hanno visto un continuo scambio di geni tra le uve selvatiche europee e quelle da vino, che hanno portato a migliorare le caratteristiche associate al sapore ma anche ad aumentare il numero di mutazioni potenzialmente dannose. Lo afferma lo studio pubblicato sulla rivista Pnas dell’Accademia Nazionale delle Scienze americana e guidato dall’Accademia Cinese delle Scienze Agrarie, che aiuterà a selezionare i tratti migliori per far adattare la vite alla crisi climatica in corso.
La nuova ricerca, tuttavia, sembra in contrasto con un’altra pubblicata sulla rivista Science nel marzo 2023: l’analisi sosteneva che la domesticazione della vite era in realtà avvenuta con due eventi separati e concomitanti in Asia occidentale e nella regione del Caucaso, al confine tra Asia ed Europa. I ricercatori guidati da Hua Xiao, Zhongjie Liua e Nan Wang si sono concentrati in particolare sul fenomeno dell’introgressione: l'incorporazione permanente da parte della vite da vino di geni appartenenti ad altre specie, come quelle selvatiche diffuse in Europa. Si tratta di un fenomeno importante non solo per l’agricoltura attuale, ma anche perché ha plasmato molte altre colture fondamentali, come riso e mais.
Gli autori dello studio hanno identificato ben 836 tratti genetici che sono passati dalle viti selvatiche europee a quelle da vino. Sorprendentemente, il fenomeno ha interessato invece pochissimo l’uva da tavola. Queste varianti, che hanno migliorato alcune caratteristiche ma che potrebbero anche rivelarsi negative, costituiscono dunque i principali obiettivi per il miglioramento genetico della vite.
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