Nel periodo compreso fra il 1950 e il 2050 i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo si moltiplica di quasi 5 volte, fino a raggiungere 700 milioni di abitanti e il baricentro demografico, un tempo ben piantato nella riva nord, si troverà molto lontano dall'Europa, spostato verso sud-est. Sarà "una rivoluzione nella rivoluzione" con importanti conseguenze in relazione ai cambiamenti climatici, come osserva Massimo Livi Bacci, demografo dell'Università di Firenze e accademico dei Lincei. Lo fa in occasione della conferenza "Il sistema Mediterraneo: un hotspot per il cambiamento climatico e l'adattamento", promossa dall'Accademia Nazionale dei Lincei in occasione della XXII Giornata mondiale dell'acqua.
"Secondo le proiezioni più aggiornate delle Nazioni Unite, nei Paesi della sponda nord del Mediterraneo, dalla Spagna alla Grecia, la crescita della popolazione sarà debole, pari a circa un terzo, mentre nel resto della regione sarà estremamente vigorosa. Infatti i Paesi della riva sud, dall'Egitto al Marocco, e quelli della riva est, dalla Turchia a Israele, moltiplicheranno la loro popolazione per cinque", afferma Livi Bacci.
L'aumento demografico si concentrerà soprattutto nelle fasce costiere, "incluse quelle con bassissima elevazione rispetto al livello del mare, assai più vulnerabili in conseguenza dell'innalzamento delle acque marine e all'intensificarsi di eventi climatici estremi dovuti al cambiamento climatico", osserva l'esperto. L'aumento di abitanti nella fascia litoranea avrà inevitabili conseguenze per i fragili equilibri ambientali. "Oltre a un'intensificazione dei traffici marittimi, possiamo attenderci un maggior consumo di energia e una maggiore produzione di gas serra e rifiuti da parte delle città costiere", sottolinea Livi Bacci. "Questa forte pressione ambientale, però, può essere controllata: sta a noi attuare delle politiche sempre più mirate ed efficaci".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA