Anche il Mediterraneo è stato investito dall’eruzione del vulcano Tonga, avvenuta il 15 gennaio 2022 nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico, tra la Nuova Zelanda e le isole Fiji: la gigantesca eruzione, infatti, che si è affermata come la più violenta degli ultimi 138 anni e paragonabile a quelle del Krakatoa (1883) e del Pinatubo (1991), ha innescato una serie di disturbi atmosferici globali, che sono stati registrati anche dalle reti di monitoraggio dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). Lo conferma lo studio italiano
pubblicato sulla rivista Atmosphere e guidato dall’Ingv, in collaborazione con l’Università di Catania ed il Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano (Sias).
“L’eruzione cataclismica dell’Hunga Tonga-Hunga Ha'apai del 2022 ha innescato un aumento enorme di elettroni nella ionosfera (fascia dell’atmosfera tra i 60 e i 1.000 chilometri di altitudine) e un’onda di pressione atmosferica che ha viaggiato per migliaia di chilometri nella troposfera (lo strato più basso dell’atmosfera), provocando vibrazioni del suolo e perturbazioni secondarie”, spiega Alessandro Bonforte dell’Ingv, uno degli autori dello studio guidato da Paolo Madonia. “Analizzando i dati raccolti a terra, abbiamo evidenziato come queste ‘onde’ di pressione sono state riflesse dalla superficie terrestre – aggiunge Bonforte – influenzando le perturbazioni atmosferiche”.
I dati che hanno permesso di studiare i disturbi atmosferici generati dall’eruzione sono stati raccolti da numerose stazioni dell’Ingv: quelle presenti sui vulcani attivi italiani, le sonde Tropomag installate a Gibilmanna (vicino Palermo) per l'analisi delle perturbazioni nella ionosfera, e poi ancora la rete Ring dedicata al monitoraggio delle deformazioni del suolo e la rete per il monitoraggio del flusso di anidride carbonica sull’isola di Vulcano. Infine, per la ricerca sono stati utilizzati anche i dati rilevati dalla rete Sias della Sicilia.
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