Grazie alla sonda Solar Orbiter dell’Agenzia Spaziale Europea è stata finalmente identificata la misteriosa origine del vento solare lento, cioè quello che viaggia sotto i 500 chilometri al secondo: le responsabili sono quelle zone della corona, la parte più esterna dell’atmosfera del Sole, in cui le linee del campo magnetico si rompono momentaneamente per poi ricongiungersi, fornendo una breve opportunità al materiale solare di ‘scappare’. È quanto afferma lo studio pubblicato sulla rivista Nature Astronomy e guidato dall’Università britannica del Northumbria, con la partecipazione anche dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Roma.
Il vento solare è un flusso di particelle cariche, generalmente protoni ed elettroni, emesso dalla corona del Sole e generato dalla sua continua espansione nello spazio interplanetario. Può viaggiare a diverse velocità: sopra i 500 chilometri al secondo è detto ‘veloce’, mentre quello ‘lento’ è caratterizzato da velocità inferiori. Nonostante decenni di osservazioni, le fonti e i meccanismi che rilasciano, accelerano e trasportano il vento solare non sono ancora ben compresi, ed è proprio questo, infatti, uno degli obiettivi del Solar Orbiter, lanciato nel 2020.
Combinando i dati ricavati dalle immagini con quelli raccolti dagli strumenti presenti a bordo, i ricercatori guidati da Stephanie Yardley sono riusciti a dimostrare che il vento solare lento ha origine dalla cosiddetta ‘corona chiusa’: regioni in cui le linee del campo magnetico non si estendono nello spazio, creando delle ‘autostrade’ per la fuga del materiale solare, ma sono appunto chiuse, cioè collegate alla superficie della nostra stella ad entrambe le estremità. “Questo risultato conferma che Solar Orbiter è in grado di stabilire solide connessioni tra il vento solare e le sue regioni sorgenti. Questo era un obiettivo chiave della missione – dice Daniel Müller dell’Esa, co-autore dello studio – e ci apre la strada per studiare l’origine del vento solare con un dettaglio senza precedenti”.
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