Micro-ortaggi e stampa 3D caratterizzano le serre che dovranno permettere le future missioni spaziali su Luna e Marte, fornendo cibo fresco agli astronauti: la maggior parte dei sistemi finora sviluppati puntano ad essere il più possibile autonomi e computerizzati, riducendo al minimo o eliminando del tutto l'intervento degli astronauti, con materiali stampati in 3D e riciclabili, e dotati di ambienti ermetici per evitare contaminazioni da parte dell'ambiente esterno. Indispensabile anche la capacità di recuperare la massima quantità possibile di acqua utilizzata e di riciclare tutti gli scarti vegetali, che diventano risorse preziosissime.
Avranno caratteristiche molto simili a queste, le future serre destinate alle basi lunari e poi a quelle marziane, come indicano gli esperti riuniti nel convegno organizzato a Roma dall'Agenzia Spaziale Italiana e dedicato al futuro della produzione di cibo nello spazio. Tante le aziende italiane in prima fila. "L'Italia dovrà essere protagonista per quanto riguarda questo settore", afferma il ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida, intervenuto all'evento: "La space economy è alle porte, noi - ha detto - abbiamo il dovere di anticiparne le potenzialità e sono convinto che ci riusciremo".
"Le prime missioni spaziali duravano solo un giorno, quindi il cibo necessario veniva semplicemente caricato all'interno della capsula", dice Paolo Cergna di Altec, azienda torinese che fornisce servizi a supporto della Stazione Spaziale Internazionale e delle missioni di esplorazione planetaria. "Il cambio di paradigma è arrivato quando la durata delle missioni si è allungata a diversi mesi, che ha complicato gli aspetti logistici. Per le future missioni questi aspetti saranno ancora più complessi, a causa della distanza dalla Terra", aggiunge. "Una parte del cibo potrà essere portata insieme agli astronauti, una parte dovrà essere posizionata in anticipo sul posto e una parte - dice ancora - dovrà essere prodotta direttamente nello spazio".
Le serre spaziali per la coltivazione di verdure e ortaggi freschi rappresentano quindi l'unica soluzione per permettere le missioni del futuro e molte aziende sono già al lavoro per mettere a punto soluzioni fattibili e affidabili. "Diamo per scontato che coltiveremo nello spazio, ma i sistemi dovranno essere completamente affidabili, perché da essi dipenderà la vita degli astronauti", afferma Giorgio Boscheri di Thales Alenia Space. L'azienda, ad esempio, è impegnata in sperimentazioni sulla coltivazione di micro-ortaggi e patate, che potrebbero consentire di eliminare quasi del tutto il terreno artificiale. "Per le patate, ad esempio, vogliamo usare un sottile substrato di coltivazione stampato in 3D", dice Boscheri.
Punta a una serra elettronica Ferrari Farm, azienda agricola di Rieti, che lavora a serre in grado di gestire le coltivazioni tramite un computer, in spazi ermetici e illuminati a Led. È in via di sviluppo una versione 'in piccolo' per coltivare verdure anche in un appartamento di città. La startup genovese Space V, invece, sta studiando una serra che adatta progressivamente il proprio volume in base allo spazio richiesto dalle piante in crescita. Abbinato alla serra c'è un bioreattore per riutilizzare acqua e residui vegetali, facendoli digerire da microalghe in modo da trasfomarli in substrato per la coltivazione.
È impegnata nelle serre spaziali del futuro anche Enea, che in Armenia sta sperimentando un orto ipertecnologico destinato a Marte nella missione Amadee-24 organizzata dall'Austrian Space Forum in collaborazione con l'Agenzia Spaziale Armena. La serra, la coltivazione di ravanello e cavolo rosso, è su più livelli, automatizzata e dotata di un braccio robotico integrato.
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